di Elisa Dettori

Le nostre vite saranno sempre più permeate dall’Intelligenza Artificiale (IA) e dalla robotica che, contrariamente a come sono rappresentate nei film di fantascienza, fanno già parte della nostra vita, in modo non così invasivo come siamo portati a credere.

L’Intelligenza artificiale è una tecnologia informatica che consente all’uomo di interagire con un robot ed è lo strumento attraverso il quale quest’ultimo compie delle azioni o “ragiona” in modo più o meno complesso.

Negli ultimi decenni, la ricerca scientifica in materia si è concentrata con particolare interesse sulla robotica sociale definita dal prof. Rosario Sorbello “branca della robotica che si occupa di riprodurre, all’interno di un robot, un sistema software che sia in grado di esibire emozioni, di interagire con l’essere umano e che sia in grado di simulare anche una sorta di coscienza.” Questo affinché possa essere d’ausilio nelle attività quotidiane dell’essere umano stesso, aiutando ad esempio gli anziani che, col tempo, subiscono la perdita progressiva di diverse abilità o migliorando la qualità della vita dei bambini che presentano sintomi specifici del disturbo dello spettro autistico.

In quest’ultimo caso, lo scopo è facilitare un processo di interazione. Il robot – grazie alla sua semplicità – può infatti agevolare la comunicazione, limitando in loro lo stress emotivo.

Solitamente, soprattutto quando si relazionano a estranei, questi bambini presentano difficoltà nell’identificare espressioni facciali, gesti e una serie di messaggi verbali e non. Difficoltà che trasforma piccoli segnali in stimoli eccessivi, incomprensibili, che possono causare in loro frustrazione. Il robot, invece, svolgendo differenti attività sempre nello stesso modo, diminuisce questo disagio, consentendo una maggiore concentrazione.

L’Unione Europea ha finanziato il progetto EngageMe, per sviluppare dei software per robot umanoidi che grazie all’Intelligenza Artificiale agevolino le sessioni di terapia dei bambini con autismo, migliorando le loro abilità sociali, lo sviluppo emotivo e l’aspetto inerente la comunicazione.

I robot utilizzati si chiamano NAO. Esistono già da alcuni anni, impegnati su diversi canali applicativi. In questo caso specifico, sono dotati di una serie di strumenti che, attraverso il gioco, consentono di migliorare l’apprendimento. Nel contempo, sono in grado di processare dati, tra cui la temperatura del corpo e la frequenza cardiaca, al fine di elaborare un quadro su cui basare le sedute successive, con gli specialisti di riferimento.

Le persone affette da autismo percepiscono ciò che li circonda in modo diverso dagli altri e questo si ripercuote sulla loro capacità d’interazione sociale.

Grazie a un approccio personalizzato e programmato sulle esigenze del singolo bambino, il robot può capire se è contento oppure no, se prova maggiore interesse per una determinata attività piuttosto che un’altra e così via. Questo migliora notevolmente l’andamento delle terapie con psicoterapeuti e neuropsichiatri infantili, che restano figure indispensabili e non possono essere sostituite da un oggetto, seppur sofisticato.

Spesso tendiamo a demonizzare la tecnologia per le sue implicazioni negative. La  robotica sociale, dimostra come in alcuni casi sia invece un’ottima alleata, uno strumento che può migliorare la qualità della vita di ciascuno di noi e, soprattutto, dei soggetti più fragili.

Di seguito il video “Nao: il robot per aiutare i bambini autistici”.