Non si può non condividere obiettivi previsti dal Decreto sul RdC quali il contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, il diritto al lavoro, alla formazione e alla cultura.

Con quali risorse e con quali strumenti si vogliono raggiungere questi obiettivi?

Il comma 2 delll’articolo 13 del Decreto prevede:

Ai fini dell’erogazione del beneficio economico del RdC, nonché dell’erogazione del Reddito di inclusione (Rei), i limiti di spesa sono determinati nella misura di 5.974 milioni di euro nel 2019, di 7.571 milioni di euro nel 2020, di 7.818 milioni di euro nel 2021 e di 7.663 a decorrere dal 2022 a valere sul fondo di cui all’articolo 1, comma 255 della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

Le risorse disponibili per il 2019 sono quindi 6 miliardi di euro per il RDC e il Rei (Reddito di inclusione) per il quale erano stati stanziati due miliardi di euro.

Se siano molti o pochi i pareri saranno sicuramente diversi.

Vi è da dire che è lo stesso Governo a non avere un’idea precisa di quanto sarà necessario; ne fa fede il comma 6 dell’art. 13 del Decreto che dice testualmente:

Ai fini del rispetto dei limiti di spesa annuali di cui al comma 2, l’INPS accantona, alla concessione di ogni beneficio economico del RdC, un ammontare di risorse pari alle mensilità spettanti nell’anno, per ciascuna annualità in cui il beneficio è erogato. In caso di esaurimento delle risorse disponibili per l’esercizio di riferimento ai sensi del comma 2, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro trenta giorni dall’esaurimento di dette risorse, è ristabilita la compatibilità finanziaria mediante rimodulazione dell’ammontare del beneficio. Nelle more dell’adozione del decreto di cui al secondo periodo, l’acquisizione di nuove domande e le erogazioni sono sospese. La rimodulazione dell’ammontare del beneficio opera esclusivamente nei confronti delle erogazioni del beneficio successive all’esaurimento delle risorse non accantonate.

Detto questo, credo sia di qualche utilità, per formarsi un giudizio, ripercorrere le fasi che hanno portato alla decisione di stanziare questa quantità di risorse con la fonte di copertura prescelta.

Il ddl dei 5 Stelle del 2012 prevedeva che il fosse alimentato mediante il versamento degli importi derivanti da maggiori entrate e da riduzioni di spesa. facendo ricorso a 20 voci diverse.

Poiché si trattava di reperire in questo modo 17 miliardi, questa eluzione è stata subito accantonata e Di Maio ha iniziato ad affermare che le risorse “andremo a chiederle all’Europa”.

Anche questa strada è stata abbandonata, poiché le somme previste nella Programmazione 2014.2020 erano già impegnate e le risorse europee non potevano essere che quelle della Programmazione 2021-2027;

Inoltre, anche ammesso che si ottenesse tutto il 20% del Fondo sociale europeo, si sarebbe trattato di circa quattro miliardi in sette anni tra fondi europei e nazionali; una cifra assolutamente insufficiente a fronte di un fabbisogno stimato di 17 miliardi annui.

La scelta compiuta da 5Stelle e Lega è stata quella dell’aumento del debito, sostenendo che questa misura espansiva avrebbe favorito lavoro e consumi con il conseguente aumento del Pil e la riduzione del debito.

Ne è derivato il contenzioso con l’Unione europea e il superamento del pericolo della proceduradi infrazione con la riduzione delle risorse destinate al sostegno al reddito d 7 miliardi.

Chiudo questo breve excursus con due domande.

Come mai un Governo, che fa della lotta alla disuguaglianza sociale la propria bandiera, finanzia il RdC con la fiscalità generale e non con la solidarietà dei più ricchi?

Come mai i 5 Stelle appoggiano la flat tax proposta dalla Lega che vuole abolire la progressività delle imposte, quando una maggiore progressività d e garantiscono una più equa distribuzione delle risorse?

Antonio Ladu

Laureato alla Bocconi di Milano in Lingua e Letterature straniere, è stato assistente di Italiano al Liceo Jeanson de Sailly a Parigi. Sindacalista nella Camera del Lavoro di Oristano e nella Segreteria regionale della Cgil. È stato inoltre presidente del Consorzio Industriale e del Sil-Patto territoriale di Oristano.