Un filone di studi della Scienza Politica è dedicato alla durata dei governi. All’interno di questo campo si sono sviluppati due ordini di teorie: per il primo ordine la durata dei governi dipende dalla solidità intrinseca degli stessi, dovuta alla consistenza della maggioranza, all’affinità sulle posizioni politiche, al ruolo esercitato dalle opposizioni; per il secondo tutto dipende dagli shock esterni cui il governo deve fare fronte (contingenze economiche, incidenti, crisi diplomatiche etc.).

Come è facile intuire, entrambe le teorie contengono almeno una parte di verità, tanto che tra le pubblicazioni, molti studi cercano di miscelare i due approcci in un unico modello. Trascurando gli aspetti accademici, mi permetto in questo post di sostenere che la durata dell’esecutivo italiano dipende dalla sua solidità ma anche dalle contingenze cui deve fare fronte.

La solidità del governo gialloverde è determinata principalmente (e paradossalmente) dalla debolezza di uno dei partiti che lo compongono: il M5S ha la maggioranza di due terzi dei seggi che reggono il governo, ma vale la metà della Lega nei sondaggi. L’uscita dal governo è temuta dai suoi vertici poiché l’epilogo più probabile è il ritorno alle urne, che avverrebbe comunque non prima del prossimo inverno (determinando le prime elezioni autunno/inverno della storia repubblicana).

D’altro canto il governo è solido perché la leadership al suo interno è chiarissima: in Italia l’agenda la detta Salvini, in Europa partecipa ai summit Conte, che sta lentamente diventando il vero leader del M5S, dopo la batosta alle elezioni Europee che hanno ridimensionato il ruolo di Di Maio.

La solidità del governo è, come detto, messa a rischio dai fattori esogeni.

In primo luogo il grande successo della Lega: il partito di destra della coalizione è ai massimi storici nei sondaggi e potrebbe, prima o poi, optare per la caduta del governo, la successiva vittoria elettorale e la creazione di un nuovo governo di maggioranza di centro-destra.

Questo rischio è ad oggi meno credibile poiché le elezioni sarebbero convocate troppo in là nel tempo, con possibili cambiamenti nella percezione dell’opinione pubblica sui partiti preferiti.

Un altro elemento esogeno che potrebbe influire è determinato dai rapporti con l’Europa. Va detto però che il Governo ha recentemente incassato una promozione da parte della Commissione europea, attraverso la manovra estiva silente che ha rimesso i conti momentaneamente in ordine, dunque, così come per il primo elemento, non sembra che questo fattore possa produrre scossoni immediati.

Un ulteriore aspetto di interesse è il continuo contrasto tra le due forze di governo, che hanno agende separate e parallele. Questo elemento, quando devono affrontare temi nuovi o non apprezzati dall’elettorato di appartenenza, evidenzia le contraddizioni dell’alleanza giallo verde. Il rischio legato a questo fattore esogeno è però attenuato dalla situazione contingente, con il M5S che non vuole tornare alle urne e la Lega che vuole tornarci ma non può farlo a breve.

Il titolo di questo post dice però che il governo cadrà, e lo confermo.

Con il finire dell’estate, le cause esogene saranno molto più forti della solidità precaria di questo governo perché:

  • Si potrà andare al voto entro pochi mesi dalla eventuale caduta dell’esecutivo;
  • I rapporti con l’Europa saranno di nuovo tesi, perché questo governo non può permettersi, ancorché lo abbia promesso, di aumentare l’IVA né tanto meno di ridurre le aliquote IRPEF;
  • La Lega avrà ottenuto tutto quello che richiede (tra le altre cose, il Decreto Sicurezza bis), ma probabilmente non l’autonomia differenziata, che potrà essere il pretesto per far cadere il governo.

In definitiva, sono molto improbabili le elezioni anticipate al 2019, ma molto probabili (Mattarella permettendo) le politiche nel 2020.

Concludo facendo una considerazione: chi scrive non ha mai nascosto la poca simpatia nei confronti del governo gialloverde, eppure ritiene che la caduta del governo sia, in questo contesto accidentato, molto più dannoso della sua permanenza in carica, sostanzialmente per due motivi:

  • Uno che riguarda le cose da presidiare: i conti pubblici sono ad oggi più preoccupanti di quanto non dicano i numeri, poiché lo Stato Italiano si è impegnato a reperire oltre 20 miliari di euro attraverso ulteriori imposte sul consumo. Ritengo sia giusto che sia questo governo a fronteggiare una situazione dallo stesso arrecata.
  • Un secondo motivo è di carattere politico e di parte: l’alternativa a questo governo è un governo a trazione leghista e fortemente di destra. Ad oggi non ci sono alternative credibili, anche perché il PD dorme dalla batosta del 2018. Meglio un governo gialloverde di un governo nero.

Chi vivrà vedrà.

Riccardo Scintu

Ha conseguito nel 2010 il Dottorato di Ricerca in Scienza Politica presso l’Università di Bologna, sede di Forlì. Laureato nel 2006 all’Università di Bologna in Scienze dell’Organizzazione e del Governo. Opera in numerosi enti locali della Sardegna come componente esterno di organismi di valutazione delle performance e come consulente sulle tematiche dell’organizzazione e della gestione delle risorse umane.