Il dato che qualifica meglio di altri la situazione socio – economica della Provincia di Oristano è la disoccupazione, che, come già scritto in un altro pezzo, è al 15,83 %, valore medio tra i 15 e 64 anni, secondo i dati dell'Osservatorio del Mercato del Lavoro della Provincia di Oristano per il 1° trimestre 2016. Nel 2017 non dovrebbe discostarsi in maniera significativa da tale valore. Sono dati troppo alti, se raffrontati ai valori del nord dell'Italia e, in particolare, a quelli della media dell'Unione Europea. Non ho a disposizione il dato sulla disoccupazione giovanile e femminile, ma sono sicuramente vergognosamente alti.

Come già scritto in altro pezzo, occorre capire le cause delle disuguaglianze, in particolare tra le nostre Comunità e il Nord dell'Italia, avendo, per esempio, chiaro che per quanto riguarda la disoccupazione da noi è circa tre volte rispetto ad alcune zone del Nord.

Quali sono i motivi di questa situazione di forte disagio economico e sociale e come se ne può uscire?

Secondo Gianfranco Viesti, docente di Economia Applicata all'Università Aldo Moro di Bari Lo sviluppo e la crescita passano innanzitutto per gli investimenti, sia pubblici che privati. Gli investimenti pubblici hanno avuto un vero e proprio tracollo. Questo, naturalmente, è particolarmente grave per il Mezzogiorno, perchè la necessità di investimenti privati, per potenziare le attività produttive e di investimenti pubblici, per garantire un livello di infrastrutture e di servizi che si avvicini ai livelli medi nazionali, è indispensabile”.

Può essere utile introdurre strumenti di sostegno come il Reddito di cittadinanza o quello di inclusione. In tutti i Paesi europei ci sono interventi del genere volti a mantenere innanzitutto l'inclusione sociale delle fasce più povere della popolazione e ad impedire fratture che poi nel tempo diventano gravissime. I poveri in Italia, ma anche qui nell'Oristanese, non sono più gli anziani ma, in grandissima misura, le famiglie con figli piccoli e, dunque, gli effetti della povertà rischiano di protrarsi a lungo nel tempo, trasmettendosi da una generazione all'altra. L'Italia non aveva uno strumento del genere e se ne discuteva da tempo. Con gli andamenti della crisi, che hanno notevolmente aggravato le condizioni della fascia più debole della popolazione, l'avere questo strumento è diventato ancora più importante.

A fine legislatura, con il governo Gentiloni, è stato varato uno strumento piuttosto buono come il REI (Reddito di inclusione) la cui dimensione è però parecchio contenuta. Per fare un paragone, gli 80 euro valgono circa 9 miliardi all’anno, il REI vale 2 miliardi all’anno. Questo dà la misura delle priorità politiche messe in campo. La Regione Sardegna ha istituito uno strumento analogo: il REIS. Per il nostro territorio, potenziare il Reddito di inclusione è indispensabile.

La Flat tax, invece, è la principale misura per affossare definitivamente il Mezzogiorno e, quindi, i nostri territori. La Flat tax significa essenzialmente due cose. Primo: un notevolissimo risparmio di tasse per i più ricchi, molto meno per i più poveri. I risparmi si concentrano tra i cittadini più abbienti che, per altro, si trovano in misura più rilevante nel Nord del Paese. Ciò serve allora ad aumentare ancora di più la considerevole diseguaglianza esistente in Italia. Secondo: riducendo il gettito fiscale la Flat tax riduce le risorse disponibili necessarie a fornire servizi ai cittadini e, di conseguenza, trasformerà tutta una serie di servizi pubblici in servizi a domanda privata e, naturalmente, anche questo avrà un effetto molto forte sui territori, nel senso che dove il reddito è più basso la possibilità di acquistare i servizi, siano essi sanitari, assicurativi, forme di istruzione privata, è minore. La Flat tax è esattamente il contrario di quello che serve per i nostri territori.

Dal punto di vista degli investimenti, nonostante la felice scelta dell'investimento sul “Progetto Oristano Est, la situazione è grave per il nostro territorio, anche per colpe nostre, per la nostra poca propensione alla ricerca di tutte le fonti di finanziamento.

In questi anni il Governo Nazionale ha messo a disposizione risorse importanti attraverso il “Masterplan per il Mezzogiorno”, che costituisce il quadro di riferimento entro cui si collocano le scelte operative, definite nel corso di un'intensa interlocuzione del Governo con le amministrazioni regionali e le città metropolitane del Mezzogiorno, ai fini della predisposizione di specifici “Piani Strategici e Operativi”, mediante appositi accordi interistituzionali.

I “Patti per il Sud” declinano concretamente gli interventi che costituiscono l’asse portante del Masterplan.

Le risorse finanziarie destinate ai Patti per il Sud a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione della programmazione 2014 – 2020 sono state assegnate dal CIPE con la delibera n. 26 del 10 agosto 2016, per un totale di 13,412 miliardi di euro.

Si tratta di 15 Patti per il Sud, uno per ognuna delle 8 Regioni (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna) e uno per ognuna delle 7 Città Metropolitane (Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Catania, Cagliari e Messina).

Nel Patto per la Sardegna del 29 luglio 2016 sono previsti 2.9558.244.000,00 euro. A questi sono stati aggiunti 1.578.000.000,00 euro per la metanizzazione, all'interno dei quali 600milioni per la dorsale, attraverso l'APQ (Accordo di Programma Quadro) Metano. Su quest'ultimo aspetto, penso che, ritenendo utile la metanizzazione della Sardegna, ma senza la costruzione della dorsale, i 600 milioni possono essere spesi in maniera più utile per eliminare altri gap infrastrutturali.

Per la Sardegna sono, inoltre, stati previsti 168.000.000,00 euro per il Patto di Cagliari.

Anche alla luce delle considerazioni svolte dal Professor Viesti, una delle qualità migliori che dovremo avere nel futuro è quella di spendere oculatamente e in maniera appropriata le risorse a disposizione, perchè che nei prossimi fondi strutturali mancherà la quota della Gran Bretagna, dopo la Brexit.

Alla luce delle problematiche evidenziate, che per il nostro territorio presentano effetti negativi più acuti, nel prossimo futuro sono indispensabili maggiore capacità di mobilitarsi e di farsi valere del nostro territorio. Ritengo indispensabile la nascita di un “Laboratorio di Idee” del nostro territorio, con un luogo fisico nel quale incontrarsi, al quale partecipano tutti gli attori sociali, culturali ed economici.

Dobbiamo essere capaci di unire il territorio, elaborare un progetto sociale, culturale ed economico all'altezza delle sfide e dei problemi prima evidenziati e promuovere una “Vertenza del Territorio dell'Oristanese”. Occorre spendere bene le risorse attuali, ma iniziare a guardare all'impostazione dei Fondi Strutturali 2021 – 2027 e a tutte le altre possibilità regionali, nazionali e europee sui Fondi per la cultura, per il sociale e per lo sviluppo economico.

Propongo alcune linee d'azione:

– il turismo;

– il Distretto delle lagune;

– il parco fluviale;

– l'enogastronomia;

– i beni culturali;

– le specificità dell'agroindustria;

– le infrastrutture, sia quelle legate alla mobilità, in particolare alla ferrovia e al porto, sia quelle legate alle rete delle telecomunicazioni;

– la rigenerazione urbana.

Giampiero Vargiu

Laureato in Ingegneria elettrotecnica all'Università di Cagliari nel 1980. Sindaco del Comune di Villagrande Strisaili dal 1995 al 2000. Socio della Societ di Ingegneria TEAM SISTEMI ENERGETICISRL, che ha sede operativa a Oristano e opera in tutta la Sardegna. Esperto in efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili.