Questo pezzo è dedicato a un'intervista fatta attraverso la posta elettronica, che prende spunto dall'attuale situazione a seguito della pandemia del coronavirus, a Giuseppe Maisola, archeologo, di Oliena (Nu), che vive a Santa Giusta (Or). È dottore di ricerca in Storia, Letterature e Culture del Mediterraneo con una tesi in Archeologia dei Paesaggi. Attualmente assegnista di ricerca e cultore della materia Archeologia Cristiana e Medievale presso il Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università degli Studi di Sassari. Coordina (con Pier Giorgio Spanu) le ricerche nel complesso di Cobulas a Milis (Or) ed è responsabile scientifico degli scavi nell’insediamento di Santa Barbara a Bauladu (Or). È coordinatore di diversi progetti di ricerca territoriali nell’area dell’alto Oristanese.

1. Come passa le sue giornate?

Il mio lavoro si svolge principalmente sul campo: ricognizioni nelle campagne dei territori studiati, cantieri di scavo o, se al chiuso, laboratori e magazzini di reperti, biblioteche. In questo periodo, quindi, non è per niente facile stare chiuso in casa. Ne approfitto per fare un po’ di ordine tra i dati delle mie ricerche, per mandare avanti lavori di studio e scrittura che andavano avanti a singhiozzo a causa della mancanza di tempo e per raccogliere idee e spunti per progetti futuri.

2. Quali sono le difficoltà che sta incontrando nel suo lavoro?

Più o meno le stesse che stanno incontrando molti altri professionisti. Lavorando principalmente per enti pubblici sto avendo notevoli difficoltà – a causa della mancanza di personale e delle carenze in ambito smart working di molti uffici – per garantire la prosecuzione di determinati progetti in corso o in fase di rinnovo e, in altri casi, anche per ottenere il pagamento di fatture già consegnate agli inizi di questa emergenza per prestazioni professionali svolte nei mesi scorsi.

3. Ritiene che le differenze generate nella Società dal modello attuale aumenteranno o sarà possibile diminuirle nel futuro?

Domanda enorme alla quale è difficile rispondere. Se il modello dovesse rimanere lo stesso di questo ultimo ventennio credo che le differenze saranno destinate ad aumentare. Però c’è da sottolineare come proprio in questo momento il modello neoliberista stia mostrando tutti i suoli limiti. Anche i suoi più accaniti sostenitori stanno dando qualche segno di ripensamento, sebbene forse stiano solamente cercando di riposizionarsi in vista dei cambiamenti che, giocoforza, questa situazione andrà a produrre. Molto dipenderà da quello che la politica deciderà di fare. Se la politica, quella autentica, con la P maiuscola, riuscirà a divincolarsi dalla morsa letale della finanza e dei mercati, tornerà finalmente a fare ciò che il proprio ruolo le impone. In quel caso ci sarà qualche speranza.

4. Che ruolo immagina nel futuro per la Formazione e la Cultura?

La risposta è legata a quella precedente. La Formazione e la Cultura dovrebbero tornare al centro della società, costituire le fondamenta sulle quali quale provare a ricostruire e a ricucire una comunità. In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un processo di degrado continuo e senza limiti. Il sistema scolastico è stato, aldilà dei proclami propagandistici, continuamente umiliato, gli insegnanti privati di dignità, la ricerca ridotta allo stremo, mentre le università, perso il loro ruolo di punto di riferimento per la formazione delle nuove classi dirigenti, si barcamenano tra la mancanza cronica di personale e una marcata asfissia dovuta al mancato ricambio generazionale tra i docenti.

5. Qual è in questo momento il rapporto con le nuove tecnologie?

Un rapporto sempre più importante e per certi aspetti invadente. Sia chiaro, la tecnologia ha apportato e continuerà ad apportare innumerevoli benefici in tutti i campi, sarebbe da stolti demonizzarla, ma anche in questo caso i lati oscuri ci sono e andrebbero tenuti in considerazione. Penso alle sempre minori capacità dei ragazzi a fare le cose manualmente, anche quelle più banali come lo scrivere, ad esempio, oppure penso ai non pochi problemi legati al rapporto con la nostra privacy.

6. Le misure adottate per superare questo periodo le sembrano adeguate e come le sta vivendo?

Vista la situazione di partenza credo di si. Dal punto di vista sanitario si stanno facendo miracoli, considerando che si arriva a questa pandemia dopo anni e anni di tagli indiscriminati alla sanità pubblica. La politica risponde come può anche se a mio parere mancano capacità e coraggio per effettuare scelte importanti in grado di mettere finalmente in discussione il modello economico imperante.

7. Che risvolti può avere questa socializzazione a distanza?

I risvolti non credo siano positivi. La socializzazione a distanza banalizza i concetti, radicalizza le posizioni, concorre a incattivire le persone rendendole facilmente strumentalizzabili.

8. Conosce a grandi linee le proposte a livello regionale, nazionale ed europeo per l'uscita dalla pandemia?

Le sto vedendo giorno per giorno, come tutti. Mi sembra si stia navigando a vista senza un progetto ben preciso. Questo per quanto concerne le proposte nazionali e regionali. Quelle europee non le posso valutare visto che non esistono. L’Europa non è pervenuta. È stata e continua ad essere la grande assente in questa tragedia.

9. Come immagina il suo futuro?

Lo immagino bene, sono sempre e comunque ottimista. Il mondo in cui abbiamo vissuto sino ad ora non è il migliore dei mondi possibile e questa pandemia può costituire anche una grande opportunità: quella di ripensare finalmente il nostro modello di società. Sta a noi coglierla.