Apprendo con soddisfazione che esponenti regionali del Movimento 5S sono contrari alla realizzazione della dorsale sarda per il trasporto del gas da GNL. Io lo sono stato da subito e su questo argomento ho scritto varie volte e, in particolare, con i pezzi La dorsale del metano serve alla Sardegna?” e “Una politica energetica innovativa e utile alla Sardegna”, nei quali mi pronunciavo con un secco no, con argomentazioni, che è possibile rintracciare nel sito dell'Associazione Oristano e Oltre. La posizione del Movimento 5S ha, però, un evidente limite, dovuta alla mancanza di una proposta ben precisa, si limita a generici auspici di un modello energetico a energie rinnovabili e un maggiore ricorso al risparmio energetico.

Parlare e discutere di energia lo si deve fare avendo ben presenti questi concetti:

i cambi di paradigma energetico hanno sempre significato, nella storia dell'Umanità, un cambio del modello e della struttura sociale, ha portato innovazione e un miglioramento della “capacità di relazione” tra gli umani: i passaggi dall'uomo cacciatore – raccoglitore a quello agricolo, a quello tecnologico, moderno, post moderno si sono sempre accompagnati alla evoluzione dei modelli energetici, che dall'”energia delle braccia” sono passati alle prime macchine idrauliche, alle macchine per la stampa, alle macchine a vapore con lo sviluppo del carbone, alle macchine a combustione interna con il petrolio e, oggi, alle macchine ibride, elettriche, a idrogeno, a guida autonoma, nell'era dell'intelligenza artificiale, dell'internet delle cose, della realtà aumentata e dei Social Network;

– i cambi di paradigma energetico, con i conseguenti stravolgimenti sociali e culturali, hanno accompagnato l'uomo dalla “coscienza mitologica”, al “cervello teologico e dell'economia patriarcale”, alla “Rivoluzione industriale leggera”, al ” pensiero ideologico nella moderna economia di mercato”, alla “coscienza psicologica nel mondo esistenzialista postmoderno” e, oggi,, al “se teatrale nella società dell'improvvisazione”, come scrive Jeremy Rifkin nel suo saggio “La Civiltà dell'empatia”. Io aggiungo, ha portato allo sviluppo delle moderne democrazie rappresentative e, spero, nel futuro, con l'avvento di un “Sistema Energetico Sostenibile, Diffuso e Democratico”, ad un modello di “Società Umana” sociale, partecipata, sicura, equa e democratica”.

Ecco, quando parlo di nuovo paradigma energetico, penso a una nuova Società, nella quale si passa dalle grandi centrali di produzione e dalle grandi distribuzioni, con un modello centralizzato e piramidale, che è specchio anche di una Società verticistica, di grandi disuguaglianze e antidemocratica a una Società ad energia distribuita, rinnovabile e sostenibile, efficiente, con reti intelligenti, una Società democratica, equa e sicura, così come definita da Kate Raworth in “L'Economia della ciambella”, che altro non è che la base teorica dell'”Economia Circolare”.

Il titolo di queste mie considerazioni l'ho mutuato da un pezzo di Alessandro Codegoni, tratto dalla rivista QualEnergia.it del 12 febbraio 2018.

Codegoni scrive dei due ricercatori americani Jacobson e Delucchi, che, attraverso l'uso di modelli matematici, hanno simulato la domanda di elettricità e l'offerta da rinnovabili per 20 aree del mondo, in condizioni meteo realistiche e per un periodo di tempo che va dal 2050 al 2054 e per brevissimi intervalli temporali, con l'analisi di tre scenari di accumulo.

Nel 2015 i due hanno fatto una prima ricerca su 139 paesi del mondo, dimostrando con modelli matematici, in che modo in tutti si potessero raggiungere il 100% di rinnovabili (ma senza biomasse, insostenibili dal punto di vista ambientale), a costi competitivi e con le tecnologie esistenti, anche prima della metà del secolo.

Ma la sfida che abbiamo davanti è su come fare a rendere programmabile, in ogni situazione meteorologica, le fonti di energia rinnovabile.

Jacobson e Delucchi, in un secondo studio si sono concentrati in una nuova ricerca, che spiega come si possa rendere programmabili i sistemi ad energia rinnovabile intermittente, negli stessi 139 paesi della ricerca precedente. Lo studio è apparso sulla rivista Renewable Energy.

Con l'ausilio di modelli matematici i due hanno simulato sia la domanda di energia che condizioni meteo realistiche, per un periodo di tempo che va dal 2050 al 2054, ottenendo così delle curve, con intervalli anche solo di 30 secondi, sia della richiesta totale di energia che della produzione da solare ed eolico.

La differenza, positiva o negativa, fra le due curve crea uno scenario realistico per valutare quanta energia occorra, al netto delle fonti rinnovabili programmabili, come idro o geotermia, immagazzinare o rilasciare dagli stoccaggi, nel corso di quel quinquennio, per assicurare, in ogni momento, quella necessaria al funzionamento della società.

Sono stati usati tre scenari di accumulo, ognuno caratterizzato da un mix diverso di tecnologie:

  • nel “caso A” vengono usate batterie, accumulo termico da solare a concentrazione, accumulo di calore e di freddo nel sottosuolo e solo l’accumulo idroelettrico oggi esistente;
  • nel “caso B” le batterie vengono sostituite da un aumento dell’idroelettrico come accumulo;
  • nel “caso C” si usano le stesse fonti del caso A, ma invece di accumulo di calore e freddo nel sottosuolo, si utilizzano per la climatizzazione solo pompe di calore ad aria e geotermiche.

Per rendere le condizioni ancora più realistiche e realizzabili, i 139 paesi, considerati separatamente nella ricerca del 2015, sono state raggruppate in 20 gruppi, all’interno dei quali ci si scambia elettricità su vasta scala, così da rendere meno complicata la copertura degli sbalzi di produzione da rinnovabili.

Nel modello energetico immaginato dai due ricercatori, i consumi energetici globali sono pensati ridotti, rispetto a oggi, di una quantità che va da un – 42% a un – 58%, a secondo del mix di tecnologie ad alta efficienza usate, come trasporti elettrici e pompe di calore. Un notevole aumento dell'efficienza energetica, aiutato anche dal fatto che, “l’eliminazione della gigantesca industria dei combustibili fossili, con le catene energetiche, di cui scriveva Hermann Scheer, legate all'estrazione mineraria, al trasporto, alla raffinazione e alla distribuzione, comporta di per sé una gran riduzione dei consumi energetici”.

Nel loro modello, I due ricercatori ritengono che buona parte dei trasporti, per esempio aerei o marittimi, utilizzerà idrogeno come vettore, perché la produzione di idrogeno su larga scala, fa di per sé da “tampone” e da “volano” agli eccessi di produzione dell’elettricità.

I risultati ottenuti per i 20 paesi del mondo, mostrano che gli scenari A e B di accumulo riescono a soddisfare le loro esigenze di storage, evitando completamente il rischio di blackout, mentre nel caso C ci si riesce per 14 dei 20 paesi. Ovviamente, a seconda delle caratteristiche climatiche e delle risorse locali, alcuni mix tecnologici funzionano localmente meglio di altri.

Come scritto nel pezzo tratto da QualEnergia.it “Nel caso ottimale europeo, Jacobson e Delucchi prevedono al 2050, a fronte di una potenza idroelettrica di 160 GW, identica a quella attuale, 2.800 GW di eolico (oggi siamo a 143), 3.000 GW di fotovoltaico (oggi sono 97), 63 GW di solare a concentrazione (oggi sono 2) e 3 GW di geotermico (oggi siamo ad 1), oltre a grandi potenze di fonti oggi inesistenti, come 37 GW di energia da onde e 19 GW da maree. Altri 22 GW verrebbero dal calore geotermico e 153 dal calore solare. Per rendere gestibile questo mix energetico fortemente basato su fonti non programmabili, si prevedono 2,78 TWh di pompaggio idroelettrico, 1,43 TWh in solare a concentrazione, 1,94 TWh in batterie. A questo si aggiungono gli stoccaggi termici: 152 TWh come calore in rocce, 9 TWh come calore in riserve d’acqua e 1,1 come ghiaccio per il raffreddamento. Il pezzo forte dell’accumulo sarebbero gli stessi impianti idroelettrici, che funzionerebbero in pratica solo come back up delle rinnovabili non programmabili, entrando in azione quando, a livello continentale, vento e sole non fossero sufficienti. La loro potenza di 160 GW è abbastanza grande da alimentare, oggi, 5 Stati come l’Italia, mentre la capacità accumulata nei loro bacini è di 634 TWh e basterebbe per un paio di anni di consumi italiani attuali.

In pratica si estenderebbe al continente quanto fa oggi la Danimarca, che “scarica” in Svezia gli eccessi della produzione eolica, fermando le locali centrali idro, e poi si riprende quell’energia dalle turbine idroelettriche svedesi, quando manca il vento”.

Jacobson dice «con questi risultati posso affermare con fiducia che non ci sono barriere tecniche o economiche per una transizione al 100% di rinnovabili, con il mantenimento della stabilità della rete e contando anche solo sulle tecnologie attuali. I costi sarebbero elevati, ma sarebbe più costoso mantenere l’attuale dipendenza da combustibili fossili. L’energia, alla fine della transizione verso le rinnovabili, costerebbe più o meno quanto adesso, ma i consumi sarebbero ridotti circa della metà, con i risparmi conseguenti. Per non parlare del fatto che grazie alla transizione, elimineremmo almeno quattro dei sette milioni di morti annuali, e molte più malattie e invalidità (le cosiddette “esternalità”, il cui costo non viene mai preso in considerazione nei business plan sui modelli energetici), con i connessi cali di produttività, dovute all’inquinamento atmosferico, mentre ci incammineremmo sull’unica strada possibile per contenere il cambiamento climatico e i suoi conseguenti enormi costi. Basti pensare che solo eliminare il vapore, un potente gas serra emesso dalle attuali centrali elettriche a fossili, farebbe calare il riscaldamento globale del 3%».

In questo pezzo mi preme porre l'attenzione sul fatto che le scelte della Regione Sardegna, che, in base al “Piano di Metanizzazione della Sardegna”, sta per realizzare la citata dorsale, si stanno concretizzando nello scenario seguente:

1. il Gestore (Terna), nel Piano di Sviluppo della Rete, appena presentato e che segue il Piano 2018 – 2022, presenta i prossimi interventi, tra cui i due elettrodotti HVDC (High Voltage Direct Current: Alta Tensione in Corrente Continua) Continente – Sicilia – Sardegna e CentroSud – CentroNord, per affrontare la crescita delle rinnovabili e l'abbandono del carbone. Il Piano di Sviluppo della Rete di Trasmissione Nazionale edizione 2018, che deve presentare per legge nell'ambito della concessione per la gestione della rete, spiega l'azienda nel summary del documento, “si inquadra pienamente nel contesto di evoluzione del settore elettrico nazionale ed europeo proiettato verso scenari spinti di decarbonizzazione” e nella direzione della Strategia Energetica Nazionale (SEN) 2017

2. Emergono, come scritto in un pezzo di QualEnergia.it del 5 febbraio 2018, con maggiore chiarezza i contorni della prossima politica “verde” tedesca su quale sarà la politica su energia e clima, nell’ambito dell'accordo tra il gruppo conservatore della Cancelliera Angela Merkel e i Socialdemocratici di Martin Schulz.

I punti salienti dell'accordo, che possono servire anche qui da noi per un'attenta riflessione e le conseguenti scelte e aggiornamenti del PEARS, sono:

garantire che il paese rispetterà i traguardi “verdi” fissati per il 2020, 2030 e 2050 in tutti i settori;

per il 2019 è prevista una legge che renderà vincolanti le diminuzioni di anidride carbonica in determinate aree;

formare una commissione speciale, che dovrà indirizzare la Germania verso un’economia a basso impatto ambientale, in modo che gli obiettivi al 2030 siano effettivamente raggiungibili;

– Per quanto riguarda il carbone (l'Italia si è impegnata a dismettere le centrali a carbone entro il 2025, ma non si capisce ancora bene che intende fare la Sardegna), in particolare, gli esperti dovranno stilare un piano per la progressiva dismissione delle centrali a combustibili fossili, fissando anche una data per la chiusura definitiva degli impianti più vecchi e inquinanti;

– un’altra commissione speciale dovrà elaborare un programma nazionale centrato sulla mobilità elettrica, prevedendo almeno 100.000 punti di ricarica aggiuntivi al 2020, di cui un terzo per la ricarica veloce;

– Per quanto riguarda le rinnovabili, l’accordo include l’obiettivo del 65% di energia pulita sui consumi finali al 2030 (l'Italia non sta al riguardo dimostrando la stessa decisione e coraggio), con alcune aste speciali nel 2018 – 2019 per il fotovoltaico e l’eolico sulla terraferma (4 GW per ciascuna delle due tecnologie);

– il potenziamento delle infrastrutture di rete esistenti, anche attraverso i sistemi digitali e la generazione distribuita, lo sviluppo i sistemi di accumulo elettrochimico, puntare anche sul gas naturale come combustibile ponte nell’ambito della “transizione energetica“;

3. Gli Stati Uniti non riescono ad abbandonare l’idea del “carbone pulito” (sarebbe interessante sapere che cosa si intende fare in Sardegna del progetto “carbone pulito”), anche se il fallimento del mega progetto della centrale CCS (Carbon capture and storage: Cattura e Accumulo della CO2) di Kemper dovrebbe suggerire al presidente Usa, Donald Trump, che è molto rischioso investire nelle tecnologie per catturare la CO2. Southern Company aveva iniziato a costruire, nel sito di Kemper, nell’omonima contea del Mississippi, nel 2010 il colosso termoelettrico da 582 MW, che sarebbe dovuto diventare il primo al mondo a utilizzare su vasta scala un sistema CCS integrato con le unità a carbone, dimostrando così la fattibilità tecnico-economica del “sequestro dell’anidride carbonica” emessa dalle industrie. A causa dei continui ritardi per problemi tecnici e dei costi lievitati a 7,5 miliardi di dollari, contro le stime originarie di circa 2,5 – 3 miliardi di dollari, nel giugno 2017, Southern Company ha deciso di rinunciare, definitivamente, a sviluppare la tecnologia per il “clean coal”, il carbone pulito. L’anidride carbonica emessa dai processi di combustione, poi, sarebbe stata catturata e trasportata in giacimenti petroliferi, dove la CO2, una volta iniettata nei pozzi, avrebbe favorito la fuoriuscita del greggio altrimenti irrecuperabile.

Una recente inchiesta del Guardian ha ripercorso le vicende di Kemper, spiegando che i vertici di Southern Company, già negli anni che hanno preceduto lo stop ufficiale al progetto, erano consci che il carbone pulito non avrebbe mai visto la luce.

Tra le pieghe del bilancio USA, approvato nelle scorse settimane, c’è una misura che dovrebbe promuovere la tecnologia CCS. Parliamo dei crediti fiscali (passati da 10-20 $ a 35-50 $) concessi per la cattura della CO2.

Il flop di Kemper, che pure ha ricevuto centinaia di milioni di dollari in aiuti e sussidi federali durante l’amministrazione di Obama, dovrebbe bastare a raffreddare l’entusiasmo anche in Sardegna verso il CCS, una soluzione tecnologica molto costosa, inaffidabile e ricca d’incognite;

4. Sempre in QualEnergia.it, in un pezzo del 30 marzo 2018, viene citato il superprogetto di una rete energetica ad alta tensione tra l'Europa e la Cina, anche per gli scambi di energia da fonti rinnovabili. L’idea di realizzare una “via della seta elettrica” dall’Asia alla Germania è stata rilanciata a Pechino nell’ambito della Global Energy Interconnection Conference, vertice che ha riunito più di 700 rappresentanti di governi, centri di ricerca, università e aziende. Uno studio della Commissione Ue illustra i possibili percorsi e stima gli investimenti necessari per realizzare le infrastrutture.

5. Dalla Germania alla Danimarca, passando per l’Australia, la California e altre aree geografiche, sono sempre più numerosi gli esempi di paesi che producono moltissima energia elettrica con risorse “pulite” non programmabili, eolico e solare, garantendo al contempo la sicurezza e continuità delle forniture.

In un recente studio (Power – Industry Transition, Here and Now), l’Istituto Americano di Ricerche Finanziarie in campo energetico IEEFA (Institute for Energy Economics and Financial Analysis), si citano diverse soluzioni tecnologiche per consentire alle fonti rinnovabili di entrare in rete senza causare successivi inconvenienti e si spiega come realizzare sistemi energetici al 100% “verdi”, che siano anche programmabili, in grado di funzionare per periodi prolungati con scarsa ventosità e scarso irraggiamento solare.

In definitiva, i mercati elettrici con tante rinnovabili non hanno più bisogno di sussidiare vecchi impianti a gas, carbone o nucleari per mantenerli in vita e farli entrare in esercizio, in poche occasioni, a costi elevatissimi, quando accade un inconveniente sulla rete;

6. in California, le Autorità di regolazione hanno proposto di sostituire, per la prima volta, la capacità di riserva, assicurata da tre centrali a combustibili fossili esistenti, con batterie di accumulo e altre tecnologie “intelligenti”;

7. la regione Sardegna insiste a voler costruire la dorsale per la metanizzazione dell'isola.

Ribadisco la mia posizione, già evidenziata nel pezzo “Qual'è la Strategia Energetica della Sardegna?”, alla luce dello scenario evidenziato nei sei punti precedenti, in merito alla Strategia Energetica Regionale, con conseguenti proposte, che evidenzia il fatto che, come previsto nel PEARS (Piano Energetico Ambientale della Regione Sardegna), il gas deve essere una soluzione di “transizione” verso un “Modello Energetico Sostenibile”.

Le proposte sono le seguenti:

  1. . si realizzino i depositi costieri di GNL, rivedendone i numeri, finalizzandoli al bunkeraggio per le navi a GNL. La Sardegna deve usufruire di questa potenzialità reale, sia in termini di reddito che di occupazione;
  2. . si individuino, eventualmente, dei depositi satellite per utenze finali di GNL, con depositi criogenici con vaporizzatore per le utenze industriali e i trasporti pesanti;
  3. . non si realizzi l'insieme delle dorsali previste per l'investimento previsto di 600 milioni di euro;
  4. . si utilizzino i 600 milioni di euro per accelerare la transizione ad un “Sistema Energetico Sostenibile, Distribuito, Diffuso e Democratico”. La Sardegna deve scegliere subito di concentrare i propri investimenti sulle fonti di energia rinnovabile, sulla elettrificazione delle utenze e della mobilità e sulle Smart Grid;
  5. si presti particolare attenzione al progetto di infrastrutturazione proposto da Terna, riguardante la dorsale, prevista nel Piano di Sviluppo della Rete, in HVDC Continente – Sicilia – Sardegna, con eventuale suo potenziamento, in modo da rendere la rete sarda aperta, efficiente e sicura, sia dal punto di vista dell'approvvigionamento che della frequenza di rete.

Giampiero Vargiu

Laureato in Ingegneria elettrotecnica all'Università di Cagliari nel 1980. Sindaco del Comune di Villagrande Strisaili dal 1995 al 2000. Socio della Societ di Ingegneria TEAM SISTEMI ENERGETICI SRL, che ha sede operativa a Oristano e opera in tutta la Sardegna. Esperto in efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili.