di Giampiero Vargiu

Siamo al buio. Ma, come scrive Curzio Maltese nella rubrica “Contromano” sull’ultimo numero de il venerdì di Repubblica “Le notti più buie hanno bisogno di sogni. Solo immaginare il futuro ci permette di sopravvivere al presente. La primavera del Covid19 sarà il cessate il fuoco di questa generazione. I racconti della fine della guerra, delle feste di Liberazione sono ben vivi nelle nostre memorie. Qualcuno le ha vissute, agli altri le hanno raccontate. Non si può paragonare la guerra all’epidemia senza sottolinearne le differenze, ma la minaccia del pericolo incombente è molto simile. Anche la parola coprifuoco rievoca i racconti dei nostri padri e dei nostri nonni. Il virus è un cecchino che può coglierti ovunque”.

Ecco, nella difficoltà di vedere la luce nel buio di oggi, ho un sogno: che noi italiani si riesca a non sprecare questa crisi e si colga l’occasione di spendere al meglio le risorse che l’Unione Europea ci ha messo a disposizione con i fondi di “Generazione futura”.

Il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza

Sicuramente mi piacerebbe dialogare, con quanti ne avessero piacere,  sulle scelte che il Governo si appresta a fare con la proposta del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per la spendita dei 209 miliardi a disposizione dell’Italia per i prossimi sei anni, all’attenzione del nostro Parlamento. Mi interessa, però, in questo pezzo concentrarmi su aspetti di carattere generale, che vanno affrontati a monte.

Sono d’accordo con chi sostiene che perchè sia possibile trovare un accordo fra posizioni diverse e arrivare a scelte condivise ci debba essere un dibattito che deve essere non solo pubblico ma anche acceso, aperto, infuocato e ragionevole. Attento, quindi, ai punti di vista e alle idee degli altri.

Occorre, innanzitutto, trovare nelle proposte il giusto equilibrio tra le diverse esigenze del mercato e  quelle sociali e sull’ordine delle priorità. Ma perchè i progetti proposti siano realizzati e, soprattutto, ci portino fuori dalla palude in cui siamo, si debbono verificare alcune condizioni, senza le quali le risorse saranno solo un’ulteriore spreco. Nuovo e ulteriore debito.

In particolare, me ne vengono in mente due, delle quali parlano in maniera efficace Fabrizio Barca e Mario Monti nel CORRIERE DELLA SERA. Sono legate a questioni storicamente irrisolte in Italia.

Risolvere due questioni per far decollare il PNRR

La prima riguarda l’esigenza che ci sia intorno a queste scelte, pur nella difficoltà di fare discussioni in presenza a causa della pandemia in corso, un dibattito il più ampio possibile. Senza di esso non ci può essere condivisione e le scelte saranno, come al solito, viste come calate dall’alto, senza alcuna partecipazione dei cittadini. La storia ci dovrebbe insegnare che non c’è sviluppo se i cittadini non si sentono parte attiva delle scelte. Non abbiamo una legge che norma il dibattito pubblico e ne valuta la sua reale effettuazione, tantomeno adeguata a situazioni di emergenza come quella che stiamo vivendo, ma occorre fare il massimo degli sforzi possibili perchè le comunità siano coinvolte.

Il dibattito pubblico

Scrivono Fabrizio Barca e Mario Monti sulle pagine del CORRIERE DELLA SERA di domenica scorsa “Il dibattito sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza può riportare l’Italia sulla strada giusta. Ma solo se sapremo davvero dibattere. Di fronte a una calamità naturale e sociale come la pandemia, che impatta su tutte le dimensioni della vita umana in misura e modi così diversi e che obbliga una moltitudine di persone a ridisegnare la propria esistenza, una stagione di nuovo sviluppo non potrà mai nascere in stanze chiuse, senza mobilitare i saperi e senza che si crei una coesione nazionale.”

L’Unione Europea questa volta ci viene davvero in aiuto economicamente ma anche rispetto a nostri difetti storici. Ci condiziona le risorse a tre obblighi:

1. condividere con gli altri paesi dell’Unione un disegno comune sul Green New Deal, sul digitale e sulla riduzione delle disuguaglianze;

2. ingenti risorse finanziarie per realizzarlo e innestarlo nel bilancio nazionale;

3. un metodo nuovo, sotto due profili cruciali:

– non più solo investimenti, ma attuazione anche delle riforme necessarie per modernizzare il paese e portarlo ai livelli più alti della UE;

– un dispositivo di rimborso delle spese non semplicemente in base ai pagamenti effettuati, ma anche della prova della realizzazione delle azioni programmate e, soprattutto, dei loro risultati in termini di benessere economico e sociale.

Ecco, il linguaggio dei risultati. Si può partire dalle 4 aree strategiche e dalle sei missioni individuate nella bozza del PNRR proposto dal Governo, ma, per tradurle in risultati attesi, misurabili e verificabili, ci deve essere il dibattito pubblico.

La governance

La seconda riguarda il governo di attuazione del PNRR, che deve diventare l’occasione giusta per la rigenerazione dell’Amministrazione Pubblica.

Questa rigenerazione può essere fatta, in base alle proposte di Barca e Monti, su quattro direttrici:

a) un massiccio ricambio generazionale con i migliori giovani e con moderne modalità di reclutamento;

b) al centro della pianificazione e dell’attuazione successiva i risultati, misurabili anche dai cittadini;

c) valorizzazione, anche attraverso un’adeguata formazione, del personale già in servizio;

d) apertura della Pubblica Amministrazione alla collaborazione con la società per accoglierne i saperi.

Una governance adeguata del Piano deve avere la capacità di coinvolgere nella progettazione e nell’attuazione tutti i soggetti della Pubblica Amministrazione, in servizio e di nuovo reclutamento, con l’abbattimento massimo oggi possibile dei tempi di reclutamento.

Contemporaneamente serve un forte governo nazionale dell’attuazione, pochi tecnici al servizio del Referente Unico come richiesto dalla UE, già individuato nel Ministro per gli Affari Europei Vincenzo Ammendola, con il compito di identificare quotidianamente gli ostacoli, trovare le soluzioni e creare una banca dati aperta al monitoraggio civico.

Perchè le cose funzionino davvero, l’indirizzo dei processi, la responsabilità per la fissazione e l’attuazione dei target e dei loro cronoprogrammi, l’impulso ordinario all’intera filiera attuativa, devono venire dai vertici delle Amministrazioni centrali responsabili, che se non adeguati vanno sostituiti, in stretto collegamento con le Regioni.

Risolvere alla base queste due questioni toglierà argomenti alle strumentalizzazioni della vecchia politica, alle quali assistiamo anche in un periodo così delicato come quello che stiamo vivendo.