I nostri padri costituenti hanno così scritto il primo articolo della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. La dicitura “fondata sul lavoro fu un compromesso raggiunto, dopo ampia discussione, su proposta di Fanfani. Togliatti avrebbe voluto la dizione “repubblica dei lavoratori”, altri “dei cittadini”.

Secondo Nadia Urbinati dall’espressione «fondata sul lavoro» «emergono un universalismo e un principio di inclusione e di accoglienza, le cui potenzialità sono enormi e non sufficientemente sottolineate e apprezzate». Un articolo, dunque, proiettato nel futuro e ancora oggi fertile.

Per entrare nel merito del titolo del pezzo, in via preliminare evidenzio alcuni dati, tratti estrapolati dal documento “Congiuntura economica – Mercato del Lavoro”, relativo al II trimestre 2017, apparso sul sito della Regione Autonoma della Sardegna, riguardanti la disoccupazione:

– Sardegna 15,10 %;

– Meridione 19,20 %;

– Italia 11,00 %.

Da una lettura del periodico trimestrale dell’ASPAL (Agenzia Sarda per le Politiche Attive del Lavoro), per il terzo trimestre del 2017, è possibile evidenziare i seguenti aspetti:

nel III trimestre 2017, l’ISTAT ha stimato in Sardegna 601mila occupati e 103mila persone alla ricerca attiva di un lavoro. Rispetto al trimestre precedente, si tratta di un vero proprio boom occupazionale. Infatti, nei mesi di aprile – maggio – giugno, lo stesso Istituto nazionale di Statistica aveva stimato nell’isola 568mila occupati; la crescita su base stagionale si attesta, quindi, sulle 33mila unità. Il dato più importante, tuttavia, è rappresentato dalla differenza rispetto allo stesso periodo del 2016, che fa segnare un saldo positivo di 19mila unità. Il miglioramento delle condizioni occupazionali non è stato però accompagnato da una diminuzione stagionale delle persone in cerca di occupazione. Infatti, nell’ultimo trimestre, i disoccupati sono cresciuti di 2mila unità (dalle 101mila alle 103mila unità), mentre rispetto all’anno precedente sono diminuite di “sole” 7mila. In pratica, è come se i “nuovi” occupati provenissero dagli “inattivi”, cioè da coloro che, in precedenza, non lavoravano e non cercavano un lavoro. Infatti, l’ISTAT, proprio in questo trimestre, ha rilevato un numero di cittadini “inattivi” di gran lunga inferiore rispetto al periodo precedente. La differenza è pari a 37mila unità, che fa portare gli inattivi dalle 430mila alle 393mila unità: il valore più basso degli ultimi 4 anni;

la ripresa occupazionale secondo l’ISTAT si concentrata soprattutto sull’Industria e sulle Attività dei servizi connesse al turismo, ossia alberghi, ristoranti e commercio. Nell’Industria, la crescita su base annua è pari a 12mila unità, mentre ammonta a 13mila l’incremento con lo stesso periodo del 2016 nelle attività a forte vocazione turistica. Anche le Costruzioni fanno registrare un segno “+”, ma di “sole” di 3mila unità; mentre l’Agricoltura e le Altre attività di servizi segnano il passo con una perdita occupazionale, rispettivamente, di 8mila e mille unità;

per effetto di tali variazioni, il tasso di occupazione, attestandosi al 54,1%, registra un significativo miglioramento, sia su base stagionale, sia su base annuale. La variazione rispetto ai tre mesi precedenti è di 3 punti percentuali, mentre rispetto allo stesso periodo del 2016, è di 2 punti;

il tasso di disoccupazione si ferma al 14,6%, segnando un miglioramento di mezzo punto percentuale rispetto al trimestre precedente e di 1,3 punti percentuali rispetto agli stessi mesi estivi del 2016. In un’ottica di genere, le donne fanno registrare un incremento occupazionale doppio rispetto a quello degli uomini. In particolare, la crescita occupazionale femminile ammonta a 13mila unità, mentre quello maschile si limita alle 6mila unità. Anche sul versante della disoccupazione le donne, fanno arrestare il tasso di disoccupazione ad un livello più basso di quello maschile e questo avviene già da tre trimestri consecutivi. Nello specifico, il tasso di disoccupazione femminile si ferma al 14,1%, mentre quello maschile al 15%. La Sardegna prosegue nel suo trend di miglioramento rispetto alle altre regioni del sud d’Italia arrivando ad essere una fra le migliori regioni del sud d’Italia per tasso di disoccupazione; meglio dell’isola fa soltanto la Basilicata, con un tasso di disoccupazione pari all’11,5%”.

Se i dati sono leggermente confortanti, lo sono meno se guardiamo i dati riportati da Eurostat, che, come evidenziato in un pezzo de L’Unione Sarda del 27 aprile 2017, posizionano la Sardegna tra le cinque regioni italiane che hanno fatto registrare un tasso di disoccupazione superiore al doppio della media registrata nei Paesi dell’Unione europea.

Infatti, nel 2016 il tasso medio UE dei non occupati era pari all’8,6% della popolazione, mentre nell’Isola la percentuale si aggirava intorno al 17,3%, dato, quest’ultimo, come evidenziato prima, migliorato nel 2017.

Secondo Eurostat, sono fortemente preoccupanti i dati occupazionali di tutto il Sud Italia: fanalino di coda la Calabria, con un tasso di disoccupazione del 23,2%; a seguire Sicilia, (22,1%), Campania (20,4%) e Puglia (19,4%).

Pessima anche la situazione dei giovani dell’Isola: con il 56,3% la Sardegna è sesta nella classifica delle aree territoriali con il più alto tasso di disoccupazione giovanile in tutta Europa, anche se, come evidenziato da uno studio del CRESME (Centro Ricerche Economiche, Sociologiche e di Mercato nell’Edilizia), c’è stato un processo di miglioramento registralo nel 2017, periodo nel quale è sceso di quasi 13 punti percentuali, attestandosi al 43,4%, ancora più di dieci punti percentuali al di sopra della media nazionale.

Peggio di lei solo le enclave spagnole in territorio africano Ceuta (69,1%) e Melilla (63,3%), seguite da Calabria (58,7%), Andalusia (57,9%) e Sicilia (57,2%).

La Provincia Autonoma di Bolzano, con un tasso di disoccupazione del 3,7%, è invece l’unico territorio italiano a essere rientrato nel gruppo delle 60 regioni europee che hanno fatto registrare una percentuale inferiore alla media UE.

Altri dati importanti sono evidenziati in un pezzo de L’unione Sarda del 13 luglio 2017, che riporta i dati di uno studio dell’ISTAT riguardo alla povertà, in base al quale è in leggero calo in Sardegna la povertà relativa, ovvero la percentuale delle persone che si trovano in difficoltà economica calcolata in rapporto al costo medio della vita nella Regione.

L’incidenza delle persone indigenti sul totale della popolazione è passata dal 14,9% del 2015 al 14% del 2016.

Un valore che resta comunque elevato se messo a confronto con quello medio espresso dalle regioni del Nord (4,6% in Lombardia, 4,8% in Emilia Romagna, 4,9% in Veneto).

Sempre secondo lo studio dell’ISTAT citato, in Italia nel 2016 la povertà assoluta, che è lo stato nel quale una persona non è neppure in grado di procurarsi le risorse necessarie per il proprio sostentamento, ha riguardato 4 milioni e 742mila persone, ossia 1,619 milioni di famiglie.

L’incidenza della povertà assoluta per le famiglie è ferma al 6,3%, un dato in linea con i valori stimati negli ultimi quattro anni.

Come negli anni precedenti l’incidenza di povertà assoluta diminuisce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento.

Per quanto riguarda invece la povertà relativa, a essere colpite sono soprattutto le famiglie giovani: il tasso raggiunge il 14,6% nel caso di persone under 35, mentre scende al 7,9% nel caso di famiglie con componenti con un’età superiore a 64 anni.

Per quanto riguarda la Provincia di Oristano, la disoccupazione è al 15,83 %, valore medio tra i 15 e 64 anni, secondo i dati dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro della Provincia di Oristano per il 1° trimestre 2016. Nel 2017 non dovrebbe discostarsi in maniera significativa da tale valore.

Ripensando all’articolo 1 della Costituzione, la situazione di oggi, con il forte tasso di disoccupazione, potrebbe suscitare un amaro sorriso: per rispettare il dettato della Costituzione c’è molta strada da fare.

Occorre capire le cause delle disuguaglianze, in particolare tra le nostre Comunità e il Nord dell’Italia, avendo, per esempio, chiaro che per quanto riguarda la disoccupazione da noi è circa tre volte rispetto ad alcune zone del Nord.

Il Lavoro è una delle questioni prioritari del futuro dell’umanità. Nella “Società dell’intelligenza artificiale, della robotica e dell’internet delle cose” occorre puntare anche su attività a forte intensità di lavoro, come i servizi alla persona, i beni culturali, la bioagricoltura, l’enogastronomia, il turismo e l’economia circolare e rigenerativa.

Giampiero Vargiu

Laureato in Ingegneria elettrotecnica all’Università di Cagliari nel 1980. Sindaco del Comune di Villagrande Strisaili dal 1995 al 2000. Socio della Societ di Ingegneria TEAM SISTEMI ENERGETICI SRL, che ha sede operativa a Oristano e opera in tutta la Sardegna. Esperto in efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili.