di Riccardo Scintu

Guardando la televisione o leggendo i giornali vediamo che il Covid ha messo a nudo l’inadeguatezza di chi ci governa. Per queste ragioni montano le proteste nei confronti dei governi e della politica nella sua interezza. Non ho niente da aggiungere su questo aspetto; le critiche, anche quelle aspre, sono perfettamente motivate.

Nella vita di tutti i giorni, invece, quando abbiamo a che fare con la pubblica amministrazione come cittadini, sperimentiamo un altro tipo di fallimento, quello delle organizzazioni pubbliche nell’espletamento delle proprie funzioni. Non parlo solo dell’organizzazione sanitaria che fa acqua da tutte le parti, ma delle Regioni, dell’INPS della scuola e in generale di tutta la PA.

Questo fallimento organizzativo, a mio avviso, ha dei responsabili, o come piace dire a loro, dei Responsabili. Sono gli apicali, i dirigenti, che davanti a problemi straordinari non hanno fatto altro che prendere atto della loro incapacità di adeguamento e hanno spesso utilizzato le norme per esimersi dalle responsabilità invece che per risolvere i problemi che l’emergenza ha generato.

Allora ci si domanda per quale motivo si paghino indennità consistenti, che sono così elevate proprio perché si chiede alla dirigenza di dirigere e governare (non di gestire e subire); viene il dubbio che il ruolo che i dirigenti esercitano non sia invece quello dei burocrati, che applicano la norma con l’obiettivo non dover fare le cose, al fine di evitare di dover risolvere i problemi che si presentano, anche in emergenza.

Personalmente sono sempre stato a favore della giusta retribuzione della dirigenza pubblica, perché caricata di grandi responsabilità con conseguenze amministrative, contabili e penali (nonché di stress personale), perciò non credo che occorra abbassare le indennità ai dirigenti pubblici, dico invece che è ora di chiedere loro di pensare e non applicare, di agire e non attendere che passi la burrasca. Solo in questo modo si saranno guadagnati le consistenti indennità che vanno a retribuire proprio la responsabilità, che loro troppo spesso rifuggono.