Il tema della “flat tax” è stato ampiamente analizzato, da diversi punti di vista, nel sito dell’Associazione attraverso numerosi Post e commenti basati su dati, analisi degli estensori e risultanze degli studi economici più accreditati.

Si rinvia per l’approfondimento, per chi ne abbia interesse, ricordandone i titoli interattivi:

Flat tax: quattro effetti e un equilibrio da raggiungere. Di Riccardo Scintu

Nodo incapienti aggravato dalla proposta della Flat tax. Di Antonio Ladu

Flat tax: aumentano le disuguaglianze sociali e territoriali, in particolare per la Sardegna. Di Antono Ladu

“Flat tax” e “Abolizione della tassa i successione”: a chi il fumo e a chi l’arrosto. Di Gianni Pernarella

Ancora sulla “Flat tax”: anche i più audaci sostenitori la considerano inefficace. Di Gianni Pernarella

Il “Fiscal Monitor” del F.M.I indica in modo convincente come l’Italia dovrebbe economicamente apparecchiare il “tavolo”: sparecchiando alcune delle idee che circolano attualmente. Di Gianni Pernarella.

I Post hanno trovato riscontri sia positivi da chi ha condiviso il contenuto delle analisi e le valutazioni conclusive, sia critiche – per la verità poco argomentate – imputando soprattutto agli estensori l’esistenza di un pregiudizio, senza tuttavia contrapporre dati fondati e analisi di merito.

Ci sta, il mondo è bello perché è vario e vanno accettate nello scambio dialettico, ancorché respinte, valutazioni e giudizi troppo spesso mosse da imputazioni di livore per supposta appartenenza degli estensori a schieramnti politici risultati elettoralmente non vincenti: l’accettazione dell’esistenza della libertà di pensiero è merce rara di questi tempi.

Che dire quindi delle valutazioni durissime e trancianti sulla ipotesi di flat tax espresse dall’economista Andrea Roventini, già indicato ministro dell’economia “in pectore” della squadra di governo che Di Maio ha, improvvidamente ma in pompa magna, presentato in campagna elettorale. Cosa ne diranno i detrattori delle nostre analisi: giungeranno al punto di sostenere che, forse, le sue valutazioni sono dettate dal risentimento per la mancata nomina a ministro?!

Prima di riportare le valutazioni di Roventini riassumiamo in sintesi gli elementi su cui si basa la proposta della “flat tax” e la critica sulla loro fondatezza. L’ipotesi di applicazione in Italia della flat tax, in realtà ex contratto giallo verde diventata “dual tax” per redditi Irpef con aliquote al 15 e 20%, è basata su due principali presupposti:

1 – che l’abbattimento dell’aliquota massima possa contribuire a fare emergere il “sommerso”, cioè contrasti l’evasione fiscale.

Sul punto è stato dimostrato quanto fosse errato questo assunto: prendendo infatti come termine di confronto l’evasione fiscale in Italia, calcolata come percentuale sul PIL e pari al 27%, è stato evidenziato come nei Paesi europei ( in stragrande maggioranza Paesi dell’Est europei ) in cui è applicata la magica “flat tax”, l’evasione fiscale oscilla dal 29,2% della Lettonia, passa al 35% in Bulgaria, prosegue con il 52% in Russia e trova il suo apice nel 72,5% della Georgia. Sono stati citati solo alcuni Paesi, partendo da quello con minore a quello con maggiore tasso di evasione fiscale, ma ce ne sono altri che si collocano comunque nell’intervallo tra minimo e massimo.

Ne abbiamo concluso, razionalmente, che il recupero dell’evasione fiscale attraverso la flat tax è del tutto priva di fondamento e sembra invece coprire un approccio assai spinto di matrice neoliberista di rendere i già molto ricchi ancora più ricchi, restituendogli – con aliquota massima ipotizzata al 20% – una montagna di miliardi ( calcolata da Istituti terzi in circa 20 miliardi ). Questo ci porta al secondo punto:

2 – che attraverso la restituzione di grandi somme ai ricchi, che sono quelli che beneficeranno in modo evidente e sostanziale dell’abbattimento dell’imposizione fiscale, si presuppone – omettendo del tutto l’effetto di accrescimento delle disuguaglianze reddituali insite nell’operazione ipotizzata – che possano essere ricostituite condizioni di crescita economica.

Sul punto è stato prioritariamente sottolineato come l’analisi economica abbia evidenziato che attraverso la liberalizzazione dei capitali, logiche neoliberiste assolutamente aggressive e spregiudicate, non contrastate o troppo debolmente contrastate da politiche fiscali degli Stati, abbiano determinato una parziale distorsione del legame tra finanza ed economia reale, che ha visto la finanza imboccare strade in parte autonome ( c.d. finanziarizzazione dell’economia ): cioè la finanza produce rendite che vengono reinvestite in finanza per produrre nuove rendite, sottraendo ossigeno all’economia reale. I grandi redditieri, beneficiari primi di una eventuale flat tax al 20%, si avvantaggeranno di ulteriori disponibilità da reinvestire in finanza e non direttamente in attività produttive. Ciò grazie alla politica fiscale “potenzialmente” ipotizzata ex contratto da Lega e M5S.

Sotto altro profilo, ma nell’ambito della stessa logica economica a favore dei ricchi, studi economici approfonditi condotti da T. Piketty, J. Stiglitz e altri economisti ( ma già in precedenza K. Galbraith e altri ) e i più recenti del F.M.I e OCSE su distribuzione e reddito, hanno messo in evidenza:

a – la fallacia della tesi neoliberista secondo cui la disuguaglianza non ha effetti sulla crescita, evidenziando invece come la dimensione della torta non sia indipendente dalla dimensione delle singole porzioni: sempre più grande la fetta dei più ricchi e sempre più piccola quella degli altri;

b – l’esistenza di una forte correlazione negativa tra disuguaglianza e crescita economica, sottolineando come i Paesi più attivi nelle politiche di redistribuzione del reddito hanno la tendenza a crescere più rapidamente. Vale a dire che l’eccessiva disuguaglianza costituisce un freno alla crescita economica, perché influisce negativamente, tra l’altro, sull’accumulazione di capitale umano: le classi impoverite hanno accesso ridotto all’istruzione, rendendo più difficile l’aumento delle conoscenze, la mobilità e la capacità di intrapresa.

E veniamo a Roventini ( intervista a “La Repubblica” del 4/8/2018 ) che in ordine agli effetti sul reddito degli italiani con l’introduzione della flat tax, risponde:

La flat tax è una riforma completamente scellerata, avrebbe un impatto negativo sui conti pubblici e sarebbe un regalo ai ricchi. Numerosi studi dimostrano che la flat tax comporta sempre un aumento del deficit pubblico, non è vero che si ripaga da sola. Chi lo afferma dice bufale: siamo in area no vax, per intenderci. Bisognerebbe aumentare la progressività fiscale e non ridurla”. Il commento è “in re ipsa”.

Alla domanda secondo cui i fautori della flat tax sostengono che abbia l’effetto “trickle down”, cioè che i benefici concessi ai più ricchi finiscono per favorire la crescita e dunque se ne avvantaggerebbe tutta la società, risponde:

” Il “trickle down” è un’altra delle panzane che sono circolate in economia per diversi anni»l’evidenza empirica dimostra invece che non esiste questo effetto. Semplicemente i ricchi diventano più ricchi e i salari delle classi più basse restano stagnanti. Con effetti negativi anche sulla mobilità sociale che resta bloccata”. Anche in questo caso il commento è “in re ipsa”.

Chiariamo meglio il riferimento al “trikle down” cioè il “gocciolamento dall’alto verso il basso”, un mantra del neoliberismo ( che interpreta una visione sociale orripilante che fa venire in mente film sul medioevo dove intorno alla tavola dei “signori” i poveri confidavano in qualche scarto di cibo lanciato dai convitati ), secondo il quale i benefici elargiti a vantaggio dei più ricchi favorirebbero “ipso facto” l’intera società, comprese la fascia media e la popolazione marginale e disagiata: appunto per “gocciolamento” del grasso che sfuggirebbe dalle mani dei ricchi. Bontà loro.

Una teoria che trascura del tutto gli effetti degli squilibri nella distribuzione dei redditi e della ricchezza, che è un effetto pressoché automatico connesso allo sgravio fiscale a favore dei ricchi; che trascura gli aspetti connessi alla redistribuzione ( assumendo al contrario quello della concentrazione sui ricchi ), omettendo pertanto del tutto i fenomeni della povertà e della disoccupazione e del connesso blocco dei ceti sociali, determinato dal mancato funzionamento dell'”ascensore sociale”, di cui uno dei meccanismi fondamentali è l’istruzione.

Chi vuole ha materiale sufficiente per valutare razionalmente, con mente sgombra, in quale cul de sac ci sta portando il governo giallo verde: questo ha senso soprattutto per i moltissimi che ne hanno condiviso, probabilmente con scarsa conoscenza delle implicazioni, le idee e che appartengono alle classi sociali che alla fine delle giostra saranno le più penalizzate. I ricchi gongolano.

Gianni Pernarella

Laurea in Giurisprudenza conseguita a Pisa e studi post laurea in Economia. Dipendente del Banco di sardegna dal 1973 al 2003. Dopo esperienza pluriennale di filiale, assume nel 1990 ruoli di responsabilità nella struttura centrale “Organizzazione e Sistemi Informativi” dove, in veste di funzionario capo progetto, ha gestito oltre 10 progetti organizzativi e relativi a sistemi informativi. Collaboratore per oltre 6 anni del SIL – PTO di Oristano; ha scritto quattro libri sulla materia del credito e dell'economia provinciale oristanese relativa all'artigianato.