di Gianni Pernarella
Venghino….venghino Signori, puntate su una carta: carta vince, carta perde…Diciamolo subito e poi lo dimostreremo: la flat tax, nelle sue variegate proposizioni del Centrodestra (15% della Lega, 23% di Forza Italia e l’ultima, quella incrementale, ancora più cervellotica di Fratelli d’Italia, sicuramente incostituzionale) assicura la vincita, nel gioco delle tre carte, non alla maggioranza dei cittadini ma alla minoranza dei più ricchi.
Come sottolinea Luca Deidda, Università di Sassari (La Nuova del 15/8/2022 “ Flat tax: il vero guadagno è per i ricchi “) “….La flat tax serve solo per diluire il principio di uguaglianza sostanziale sancito dalla Costituzione [progressività], redistribuendo il carico dell’imposta sui poveri a favore dei ricchi…”.
Ancora più taglienti i giudizi dei due economisti Tito Boeri e Roberto Perotti (La Repubblica del 17/8/2022 “ [Flat tax] Iniqua, costosa e inapplicabile. Quella di FdI è una fake tax”) che, alla fine della loro analisi, chiudono così “…Insomma in qualunque versione, e per motivi diversi, dietro la parola d’ordine flat tax c’è una presa in giro dell’elettorato: forse bisognerebbe ribattezzarla “fake tax”…”.
Non dissimile il giudizio dell’economista Guido Alfani, Università Bocconi (La Repubblica del 15/8/2022 “A chi conviene la flat tax“), che chiude la sua analisi così “…Torniamo al dibattito attuale. Il nostro sistema è già molto semplice, con solo quattro aliquote [IRPEF]. Anche ammettendo che la semplicità sia una virtù in sè, l’obiettivo è già stato raggiunto – salvaguardando la progressività. Perché dunque il Centrodestra insiste sull’obiettivo della Flat tax? Non per ridurre la pressione fiscale, visto che basterebbe rimodulare le aliquote. E non per favorire la crescita economica visto che, in passato la riduzione del numero delle aliquote non ha favorito la crescita. Perché dunque? Non sarà per via di una certa idea di società – una in cui, ad esempio, la disuguaglianza economica non è ritenuta un problema rilevante? Se così fosse, sarebbe opportuno dirlo chiaramente, così gli elettori possono fare una scelta informata”.
E veniamo a noi. I presupposti sbandierati dal Centrodestra, come specchietti per le allodole, con cui si giustifica un impianto di tassazione Irpef improntato alla flat tax sono principalmente tre:
1 – La flat tax semplifica il sistema e abbassa il prelievo a vantaggio di tutti;
2 – La flat tax facilita l’emersione del nero e l’eliminazione dell’evasione fiscale;
3 – L’avvantaggiarsi dei ricchi (che sono quelli che beneficeranno in modo evidente e sostanziale dell’abbattimento dell’imposizione fiscale) si presuppone – omettendo del tutto di evidenziare l’effetto di accrescimento delle disuguaglianze reddituali insite nell’operazione ipotizzata – possano facilitare la ricostituzione di condizioni di crescita economica.
Questi presupposti sono tutti falsi ove si analizzino i dati di riscontro tutti disponibili. Analizziamoli uno alla volta.
1 – semplificazione del sistema e abbassamento del prelievo a vantaggio di tutti.
Sulla semplificazione, vale quello già sottolineato da Guido Alfani. La domanda chiave è: se tutti si avvantaggiano, chi paga? L’analisi di Bandini e Rizzo su “La voce.info,” sui dati attuali, chiarisce che il gettito Irpef attuale di 152 miliardi si ridurrebbe con la flat tax al 15% (Salvini) a 94 miliardi, con un buco per l’Erario di 58 miliardi. Con la flat tax al 23% (Berlusconi) il gettito si ridurrebbe a 114 miliardi, con un buco per l’Erario di 38 miliardi. Chi paga il buco? È evidente che saranno pagati, in prima battuta, da minori servizi che graverebbero direttamente sulle tasche dei cittadini, incidendo assai di più sui redditi dei meno abbienti. Molti dei servizi oggi forniti dalla Stato gratuitamente diventeranno a pagamento con una incidenza dell’onerosità sui redditi della maggioranza dei cittadini meno abbienti e del tutto irrilevanti o quasi sulla minoranza dei ricchi.
Ove poi si ipotizzi che il gettito abbia un possibile recupero correlato al fatto che
2 – la flat tax aiuti l’emersione del nero e riduca ai minimi termini l’evasione fiscale;
anche questo è un falso che viene venduto ma che non trova riscontro nell’’analisi dei dati.
Sul punto è stato dimostrato quanto fosse errato questo assunto: prendendo infatti come termine di confronto l’evasione fiscale in Italia, calcolata come percentuale sul PIL e pari al 27%, è stato evidenziato come nei Paesi europei (in stragrande maggioranza Paesi dell’Est europei) in cui è applicata la magica “flat tax”, l’evasione fiscale oscilla dal 29,2% della Lettonia, passa al 35% in Bulgaria, prosegue con il 52% in Russia e trova il suo apice nel 72,5% della Georgia. Sono stati citati solo alcuni Paesi, partendo da quello con minore a quello con maggiore tasso di evasione fiscale, ma ce ne sono altri che si collocano, comunque, nell’intervallo tra minimo e massimo.
Se ne deve concludere, razionalmente, che il recupero dell’evasione fiscale attraverso la flat tax è del tutto priva di fondamento e sembra invece coprire un approccio assai spinto di matrice neoliberista di rendere i già molto ricchi ancora più ricchi, restituendogli una montagna di miliardi. Questo ci porta al terzo punto:
3 – che attraverso la restituzione di grandi somme ai ricchi, che sono quelli che beneficeranno in modo evidente e sostanziale dell’abbattimento dell’imposizione fiscale, si presuppone – omettendo del tutto l’effetto di accrescimento delle disuguaglianze reddituali insite nell’operazione ipotizzata – che possano essere ricostituite condizioni di crescita economica.
Sul punto è stato prioritariamente sottolineato come l’analisi economica abbia evidenziato che attraverso la liberalizzazione dei capitali, logiche neoliberiste assolutamente aggressive e spregiudicate, non contrastate o troppo debolmente contrastate da politiche fiscali degli Stati, abbiano determinato una parziale distorsione del legame tra finanza ed economia reale, che ha visto la finanza imboccare strade in parte autonome (c.d. finanziarizzazione dell’economia): cioè la finanza produce rendite che vengono reinvestite in finanza per produrre nuove rendite, sottraendo ossigeno all’economia reale. I grandi redditieri, beneficiari primi della flat tax, si avvantaggeranno di ulteriori disponibilità da reinvestire in finanza e non direttamente in attività produttive.
Sotto altro profilo, ma nell’ambito della stessa logica economica a favore dei ricchi, studi economici approfonditi condotti da T. Piketty, J. Stiglitz e altri economisti (ma già in precedenza K. Galbraith e altri) e i più recenti del F.M.I e OCSE su distribuzione e reddito, hanno messo in evidenza:
a – la fallacia della tesi neoliberista secondo cui la disuguaglianza non ha effetti sulla crescita, evidenziando invece come la dimensione della torta non sia indipendente dalla dimensione delle singole porzioni: sempre più grande la fetta dei più ricchi e sempre più piccola quella degli altri;
b – l’esistenza di una forte correlazione negativa tra disuguaglianza e crescita economica, sottolineando come i Paesi più attivi nelle politiche di redistribuzione del reddito hanno la tendenza a crescere più rapidamente. Vale a dire che l’eccessiva disuguaglianza costituisce un freno alla crescita economica, perché influisce negativamente, tra l’altro, sull’accumulazione di capitale umano: le classi impoverite hanno accesso ridotto all’istruzione, rendendo più difficile l’aumento delle conoscenze, la mobilità e la capacità di intrapresa.
Cito, infine, anche l’economista Roventini (intervista a “La Repubblica” del 4/8/2018), che in ordine agli effetti sul reddito degli italiani con l’introduzione della flat tax, risponde:
“La flat tax è una riforma completamente scellerata, avrebbe un impatto negativo sui conti pubblici e sarebbe un regalo ai ricchi. Numerosi studi dimostrano che la flat tax comporta sempre un aumento del deficit pubblico, non è vero che si ripaga da sola. Chi lo afferma dice bufale: siamo in area no vax, per intenderci. Bisognerebbe aumentare la progressività fiscale e non ridurla”. Il commento è “in re ipsa”.
Alla domanda secondo cui i fautori della flat tax sostengono che abbia l’effetto “trickle down”, cioè che i benefici concessi ai più ricchi finiscono per favorire la crescita e dunque se ne avvantaggerebbe tutta la società, risponde:
“ Il “trickle down” è un’altra delle panzane che sono circolate in economia per diversi anni…l’evidenza empirica dimostra invece che non esiste questo effetto. Semplicemente i ricchi diventano più ricchi e i salari delle classi più basse restano stagnanti. Con effetti negativi anche sulla mobilità sociale che resta bloccata”. Anche in questo caso il commento è “in re ipsa”.
Chiariamo meglio il riferimento al “trikle down” cioè il “gocciolamento dall’alto verso il basso”, un mantra del neoliberismo (che interpreta una visione sociale orripilante che fa venire in mente film sul medioevo dove intorno alla tavola dei “signori” i poveri confidavano in qualche scarto di cibo lanciato dai convitati), secondo il quale i benefici elargiti a vantaggio dei più ricchi favorirebbero “ipso facto” l’intera società, comprese la fascia media e la popolazione marginale e disagiata: appunto per “gocciolamento” del grasso che sfuggirebbe dalle mani dei ricchi. Bontà loro.
Una teoria che trascura del tutto gli effetti degli squilibri nella distribuzione dei redditi e della ricchezza, che è un effetto pressoché automatico connesso allo sgravio fiscale a favore dei ricchi; che trascura gli aspetti connessi alla redistribuzione (assumendo al contrario quello della concentrazione sui ricchi), omettendo pertanto del tutto i fenomeni della povertà e della disoccupazione e del connesso blocco dei ceti sociali, determinato dal mancato funzionamento dell’”ascensore sociale”, di cui uno dei meccanismi fondamentali è l’istruzione.
Chi vuole ha materiale sufficiente per valutare razionalmente, con mente sgombra, in quale cul de sac ci stanno portando le proposte del Centrodestra: questo ha senso, soprattutto, per chi crede di poterne condividere, probabilmente con scarsa conoscenza delle implicazioni, le idee e che appartiene alle classi sociali che alla fine delle giostra saranno le più penalizzate. I ricchi gongolano.