di Elisa Dettori

Sono definite “aziende unicorno” quelle non ancora quotate in borsa che, in un breve periodo di tempo, riescono a fatturare almeno 1 miliardo di dollari, grazie all’impiego di idee talmente innovative da riuscire a trasformare l’intero settore nel quale si collocano, dettando nuove regole di mercato capaci di travolgere le aziende tradizionali più solide.

Si tratta di startup che si moltiplicano soprattutto negli Stati Uniti e in Cina, fondate da giovani, che riescono a imporsi e a mettere in crisi anche gli imprenditori più navigati, abili ed esperti nel loro campo.

Tra le più conosciute, Deliveroo, una delle aziende leader nel settore della consegna del cibo a domicilio o BlaBlaCar, che mette in contatto conducenti d’auto che viaggiano con posti liberi e persone che si recano nella stessa direzione, che vanta ben oltre 60 milioni di utenti.

Quando Aileen Lee, importante donna d’affari nel campo degli investimenti, ha coniato l’espressione “azienda unicorno” nel 2013, il numero delle società di questo tipo era abbastanza contenuto. Il nome è nato proprio dall’improbabilità statistica che una società potesse acquisire quello status. Negli ultimi anni, invece, tale tipologia si è moltiplicata. Oggi, gli unicorni, sono centinaia.

Due curiosità legate a questo mondo, non certo positive ma interessanti.

In Italia non si registrano unicorni, soprattutto per mancanza di capitali. La difficoltà d’accesso dei nostri giovani a finanziamenti consistenti, costituisce un grande limite. Una nuova attività d’impresa richiede fondi e rapidità negli investimenti. Nel nostro Paese, la circolazione di ottime idee imprenditoriali, si scontra con svantaggi economici e burocratici che non ci rendono competitivi, rispetto a realtà decisamente più efficienti.

La seconda riguarda le donne. Pare che gran parte dei fondi investiti in questo ambito, vadano in modo più agevole verso startup create da team maschili. Come logica conseguenza, sono pochi i fondi che arrivano a quelli femminili, considerati ingiustamente meno affidabili, nonostante sia dimostrato che una donna co-founder riesca a far ottenere all’azienda risultati migliori.

Il dato positivo è che assistiamo comunque a una rivincita dei giovani. In un mondo standardizzato, a volte riescono a pensare in un modo totalmente difforme dalla massa, rischiano con grande coraggio e determinazione provando a concretizzare quelle idee per le quali si viene solitamente ritenuti dei pazzi e poi, a sorpresa, contro tutto e tutti, raggiungono l’obiettivo, fatturano miliardi e diventano motivo di ispirazione per chi decide di seguirne il modello.

Modello che risponde a esigenze rimaste per lungo tempo insoddisfatte o, forse, ne crea addirittura di nuove. In ogni caso va a segno, procede e arricchisce chi lo crea, proponendo un’offerta diversa rispetto all’esistente.

Intraprendenza, audacia, un pizzico di incoscienza. Gli unicorni esistono.

“Il mio business all’inizio era ignorato da amici, familiari, banche, nessuno mi dava credito. Sapevo però che una piazza virtuale dove chiunque poteva vendere la propria merce rispondeva a un bisogno del mercato. Ci ho creduto, e lavorando giorno e notte sono riuscito a crearla. Nei primi tre anni dell’attività non ho guadagnato un dollaro. Centinaia di persone però mi scrivevano mail ringraziandomi per quanto stavo facendo, alcuni mi offrivano la cena o una sigaretta esortandomi ad andare avanti: questo era sufficiente per capire che stavo seguendo la giusta direzione e che prima o poi sarebbero arrivati anche i soldi.” (Jack Ma – Imprenditore cinese, attivo nel settore del commercio online).