In tanti si affannano nel tentativo di interpretare l'attuale situazione della nostra Società globalizzata: crisi economica, di valori, crisi culturale, nuova situazione geopolitica, crisi degli Stati nazionali, delle Istituzioni democratiche, “guerre di civiltà”, terrorismi, nazionalismi, sovranismi, tramonto del “sogno europeo”.

Con molta umiltà provo a raccontare i miei pensieri in merito.

Per sviluppare le mie considerazioni prendo spunto dal saggio di Zygmunt Bauman, che è l'intellettuale che ha coniato la definizione di “modernità liquida”, dal titolo “Retrotopia”. Nella introduzione, dal titolo “L'età della nostalgia”, Bauman ricorda quanto scritto da Walter Benjamin nelle “Tesi di filosofia della storia” all'inizio degli anni quaranta del secolo scorso:

“L'angelo della storia ha il viso rivolto al passato ….. . Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è cosi forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui nel cielo. Ciò che chiamiamo progresso è questa tempesta”.

Oggi si sta scorgendo di nuovo l'angelo della storia ad ali spiegate. Scrive Bauman “Il passato e il futuro sono colti mentre si scambiano i rispettivi vizi e virtù. Tocca al futuro, deprecato perchè inaffidabile e ingestibile, finire alla gogna ed essere contabilizzato come voce passiva, mentre il passato viene spostato tra i crediti e rivalutato, a torto o a ragione, come spazio in cui la scelta è libera e le speranze non sono ancora screditate”.

“Il ventesimo secolo, iniziato con un'utopia futurista, si è chiuso con la nostalgia. Il meccanismo della nostalgia va interpretato come difesa in un periodo contrassegnato da ritmi di vita accelerati e da sconvolgimenti storici. la promessa di ricostruire una casa ideale, con cui molte delle ideologie oggi tanto influenti ci invogliano ad abbandonare il pensiero critico per i legami emotivi. La nostalgia può, però, indurre a confondere la casa vera con quella immaginaria. Questo pericolo va cercato nella versione restauratrice della nostalgia, che caratterizza i risvegli nazionali e nazionalistici in corso in tutto il mondo, dediti alla mitizzazione della storia in chiave anti moderna, attraverso il recupero di simboli e miti nazionali e, talvolta, il baratto di teorie cospiratorie”.

Le domande principali che si pone e ci pone Bauman sono: “siamo in presenza oggi di un ritorno a quanto scritto nel Leviatano di Hobbes?, un ritorno alle tribù?, un ritorno alla disuguaglianza?” Hobbes teorizzava che la crudeltà è innata negli esseri umani (“Homo homini lupus”), per cui, per far si che l'uomo non abbia una vita misera, ostile, animalesca e breve, serve la presenza del personaggio biblico del Leviatano, capace di impersonare contemporaneamente il potere temporale e quello religioso. Il “secolo breve” è stato esemplare da questo punto di vista, con tutti gli orrori che lo hanno costellato.

Oggi, il neoliberismo inietta anche la violenza nella politica e la paura nelle nostre vite, il “potere” si rivela sempre più incapace di dimostrare che la linea divisoria che traccia tra violenza legittima e illegittima è davvero attendibile, vincolante, insuperabile.

Nella nostra epoca, in cui il potere, purtroppo, è disgiunto dalla politica, le caratteristiche principali del potere, in particolare quello militare e delle armi, sono la libertà di movimento e la capacità di rendersi all'occorrenza irraggiungibile, in modo da abdicare alle proprie responsabilità. Le odierne tecnologie militari permettono ai detentori del potere di decidere dove e quando attaccare e di colpire il nemico con precisione estrema pur rimanendo inaccessibile a qualunque controffensiva di rilievo. Il disordine mondiale è generato dalla progressiva globalizzazione del potere e, contemporaneamente, da una politica che conserva ancora una dimensione locale. Insomma la politica è “debole”. A queste considerazioni bisogna aggiungere che la recentissima rivoluzione nella comunicazione, alimentata, in particolare, da Internet, ha introdotto, soprattutto, dal punto di vista quantitativo, novità assolute nel flusso circolare tra fonte delle informazioni e opinioni individuali, per cui, oggi, esiste e si forma l'”opinione pubblica”, in questo nostro “secolo diverso”, come rapporti tra individuo e gruppo, che un giorno si rinsaldano e il giorno dopo accarezzano l'ideale di divorzio, in una sorte di odio – amore, tra la ricerca della sicurezza dell'appartenenza e l'attrazione magnetica dell'autoformazione. I Media creano nuovi tipi di azione e interazione e nuove forme di relazioni sociali, non più del tipo “faccia a faccia”. In passato le persone si lasciavano avvolgere da una prossimità fisica, che consentiva ripetuti incontri faccia a faccia, oggi i gruppi dell'era informatica si formano e si coagulano attorno a quei vettori di informazioni che, per una ragione o per un'altra, si pensa che siano credibili e affidabili. La frequenza con cui le persone appaiono sullo schermo e, ancor di più, il numero di likes e di condivisioni che vantano e aggiungono ai propri messaggi offrono tutto il supporto che occorre per mostrare che sono una scelta dotata di valenza pubblica e, quindi, per deduzione, rispettabile. Somiglia a un esercizio d'indipendenza e, per giunta, da la sensazione di aver compiuto un prode gesto di autoaffermazione, con l'ulteriore valore aggiunto di garantire in anticipo il riconoscimento e l'approvazione del gruppo. Sono comportamenti tipici dell'”Atto di emulazione”, caratteristica dell'”uomo sociale”. Ma questa caratteristica della condotta emulativa può influire direttamente sull'aumento della quantità e dell'intensità della violenza, con un evidente ritorno del primitivo e violento “mondo di Hobbes”.

Oggi non manca il terreno fertile per il germogliare dei semi della violenza. I concimi sono numerosi e diversi, ciascuno ha come indispensabile componente la rabbia, resa ancor più cocente, acre e violenta dall'esasperazione e dalla frustrazione per la mancanza di valvole di scarico collaudate e a portata di mano. Rabbia, che, soprattutto a seguito delle ultime crisi mondiali, è aumentata e non è stata capita, a volte è stata e/o viene manipolata per fini di potere.

Qui nasce la Società della Retrotopia, fatta di rabbia, di frustrazione, che si lascia convincere della bontà di una “cultura dominante di destra e neoliberista” e, che, disillusa, si rivolge, con nostalgia, al passato, per paura del futuro, per paura del diverso, il rifugio nell'egoismo più sfrenato, nel narcisimo della “Società del consumo”. Il neoliberismo ha contribuito e continua a contribuire nella esaltazione di questa paura e la politica sembra non più in grado di esercitare la funzione di potere che è indispensabile per affermare i principi della Democrazia. Da qui la crisi delle Democrazie, in particolare, quelle occidentali. L'incapacità di far prevalere i valori della socialità, della giustizia, dell'uguaglianza e della pace tra i popoli. La difficoltà nella costruzione degli Stati Uniti d'Europa, il sogno di sviluppare sempre di più la capacità di relazione tra popoli che hanno storie diverse ma molte affinità culturali, l'esigenza di un “Governo mondiale della Biosfera”.

Come scrive Bauman “Tutti questi passaggi hanno sempre avuto una caratteristica in comune: la ridefinizione della linea che separa “noi” e “loro” e lo strettissimo legame fra la ridefinizione delle frontiere dell'integrazione e il riallineamento dei fronti della separazione. In ciò risiede l'originalità vera e assoluta della sfida che il nuovo e più alto livello d'integrazione umana pone all'ordine del giorno e, anche, l'ostacolo finora mai affrontato nè superato, che impedisce alla coscienza collettiva, compresi i comportamenti che essa ispira e legittima, di riallinearsi al livello raggiunto della nostra interdipendenza e interazione”.

Per uscire da questo tunnell, fatto di rabbia, smarrimento e nostalgia del passato, nel quale sembra piombato il mondo, in sintesi occorre fare l'esatto contrario: “guardare avanti per cambiare”.

Ancora, Bauman scrive che “la risposta più convincente a questa domanda fondamentale, di vita o di morte, per l'Umanità, è nel discorso pronunciato da Papa Francesco in occasione del premio europeo Carlo Magno conferitogli il 6 maggio 2016. Quella risposta si basa sulla Capacità di dialogo“: “Siamo invitati a promuovere una cultura del dialogo, cercando con ogni mezzo di aprire istanze affinchè questo sia possibile e ci permetta di ricostruire il tessuto sociale ………… . È urgente per noi oggi coinvolgere tutti gli attori sociali nel promuovere una cultura che privilegi il dialogo come forma d'incontro, portando avanti la ricerca di consenso e di accordi, senza però separarla dalla preoccupazione per una Società giusta, capace di memoria e senza esclusioni”.

Con questo pezzo provo a dare un mio piccolo contributo per iniziare un dibattito teso a comprendere la complessità della Società moderna globalizzata, nella quale esiste una “condizione cosmopolitica ma non la consapevolezza cosmopolitica”.

La storia dell'uomo si è sempre più evoluta all'insegna del connubio tra uso di forme di energia più evolute e la capacità di relazionarsi e comunicare: l'acqua nel periodo di passaggio dall'uomo cacciatore – raccoglitore all'uomo agricolo e stanziale della prima scrittura cuneiforme, i primi rudimenti di macchine per stampare, le stampe con le macchine a vapore, le rotative nell'epoca del petrolio, le “Reti di Comunicazione Globale” con l'avvento di Internet nella fase iniziale della trasformazione della Società da piramidale e verticistica nelle decisioni, tipica della “Società del petrolio” e delle grandi reti di trasmissione, a una “laterale” e più democratica della Società delle “energie rinnovabili” e della “generazione distribuita”.

La crisi della Sinistra, sarda, italiana, europea e mondiale sta, soprattutto, nel non aver colto questa profondità nella evoluzione della Società moderna, nel non aver capito le paure dei cittadini ed aver provato empatia per tali difficoltà e non aver provato a canalizzare tali paure verso una visione di futuro fatto di speranza. Una Sinistra ancora frastornata dagli ultimi rovesci elettorali a tutti i livelli, che si attarda su dispute personali nella gestione di un potere che non ha più e che non ha saputo governare negli anni passati.

Ecco, anche la Sinistra, per tornare a governare e superare questa situazione di paura e incertezza collettiva, deve fare proprio il motto “guardare avanti per cambiare”, avere uno sguardo più lungo, progettare una “Società aperta e accogliente”, capace di includere anche gli ultimi, pensare a un modello di Società che non può più ricondurre tutto all'unico indicatore del PIL, come parametro per giudicare il benessere collettivo. Occorre mettere in pratica quanto definito dall'Agenda 2030 dell'ONU, che individua i 17 indicatori per valutare il benessere dei cittadini, di cui ho scritto nei seguenti post:

Il “sogno europeo di una Società Equa e Sostenibile”. L'Europa

Il “sogno europeo di una Società Equa e Sostenibile”. L'Italia

Il “sogno europeo di una Società Equa e Sostenibile”. Iniziative e proposte.

Giampiero Vargiu

Laureato in Ingegneria elettrotecnica all'Università di Cagliari nel 1980. Sindaco del Comune di Villagrande Strisaili dal 1995 al 2000. Socio della Societ di Ingegneria TEAM SISTEMI ENERGETICISRL, che ha sede operativa a Oristano e opera in tutta la Sardegna. Esperto in efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili.