Gli interessi diffusi sono comunemente definiti comeinteressi comuni ad una collettività complessivamente intesa, che non fanno capo a soggetti ben determinati o individuabili.

Sono detti anche interessi adespoti, per indicare che, almeno nella forma iniziale di manifestazione, sono privi di un titolare, ossia di una soggetto portatore di una posizione differenziata rispetto alla massa distinta dei consociati.

Sono stati individuati gli elementi distintivi e qualificanti in grado di far assurgere gli interessi originariamente adespoti al rango di veri e proprio interessi collettivi, in quanto soggettivizzati in capo ad enti che perseguono la tutela degli interessi della collettività che rappresentano.

In questo modo, gli interessi diffusi si sostanziano in posizioni soggettive giuridicamente rilevanti, che si caratterizzano perché la titolarità spetta ad organizzazioni di tipo associativo, che agiscono non per la tutela di interessi particolaristici dei singoli componenti, bensì di interessi comuni riferibili alla categoria complessivamente ed unitariamente considerata, al gruppo sociale di riferimento.

L’interesse collettivo non si identifica nella sommatoria degli interessi individuali degli associati, ma nella sintesi degli stessi in un interesse qualitativamente diverso da quelli dei singoli.

Non vi è dubbio che la titolarità di specifici interessi spetti agli enti esponenziali pubblici, trattandosi di organismi istituzionalmente deputati alla cura degli interessi di categoria, ma vi sono anche organismi esponenziali, frutto dell’autonomia associativa, che nella prassi si costituiscono ed operano in qualità di difensori di valori sentiti in modo particolare dalla coscienza sociale.

Per questi organismi la giurisprudenza si è sforzata di stabilire i criteri volti ad accertare la sussistenza di una posizione differenziata e qualificata che li consenta di partecipare ai procedimenti amministrativi e li legittimi ad agire in giudizio a tutela degli interessi superindividuali.

Inizialmentesi richiedeva il requisito formale della personalità giuridica, ossia il riconoscimento esplicito dell’ente da parte dell’ordinamento.

Successivamente, la giurisprudenza, seguendo la dottrina più avveduta, è giunta ad accordare prevalenza al dato sostanziale dell’effettiva rappresentatività dell’ente rispetto agli interessi di cui si fa portatore, che da interessi diffusi si trasformano in interessi differenziati e qualificati, tutelabili come interessi legittimi facenti capo ai privati.

Per accertare la sussistenza del requisito della rappresentatività sono stati elaborati i seguenti criteri:

  • La finalità statutaria, ossia il fine istituzionale perseguito dall’ente, che per espressa previsione statutaria deve consistere nella protezione di un bene o interesse collettivo o diffuso, suscettibile di fruizione indifferenziata;
  • La stabile struttura organizzativa che garantisca lo svolgimento dell’attività istituzionale in modo continuativo;
  • La c.d. vicinitas, ossia il collegamento stabile e non occasionale tra l’attività dell’ente e il territorio in cui è situato il bene oggetto di fruizione collettiva.

Esemplificando, il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia-Romagna ha recentemente chiarito che l'interesse alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale costituisce un interesse diffuso che assurge al rango di interesse collettivo attraverso l'individuazione di soggetti qualificati. Tali soggetti sono gli organismi collettivi che agiscono istituzionalmente e statutariamente per la sua tutela e che, proprio per la particolarità del fine che perseguono, emergono dalla collettività indifferenziata e si fanno portatori delle istanze del gruppo sociale. In tal modo gli organismi collettivi divengono portatori di una posizioni soggettive giuridicamente rilevanti che li legittimano ad impugnare provvedimenti amministrativi o ad opporsi a comportamenti della pubblica Amministrazione.

Di maggior interesse, accanto ed oltre alla legittimazione processuale, è la partecipazione procedimentale prevista dall’art. 9 della L. 241/1990 per il quale “Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento“.

Norma, questa, che ha generalizzato la legittimazione procedimentale, già prevista a livello settoriale, delle associazioni rappresentative di interessi superindividuali.

La partecipazione dei soggetti portatori di interessi diffusi risponde ad un’esigenza di democraticità dell’attività amministrativa che, anche al fine di assicurare la trasparenza, consente di fornire un apporto collaborativo all’esercizio del potere, soprattutto laddove sia necessario il contemperamento tra opposti interessi coinvolti nel procedimento.

Mariaclaudia Coco