Il 10 Dicembre è stata la giorn ata dedicata ai diritti universali delle persone.

Giovedì scorso l'Associazione Oristano e Oltre ha organizzato un evento dal titolo “Inclusione sociale e misure di sostegno al reddito”. Si è parlato, in particolare, di politiche di coesione, di progetti di innovazione, di governance dell'inclusione e di interventi di sostegno al reddito.

Mi è già capitato di scrivere del cambio del modello di “Società Umana”, un nuovo modello sociale, una democrazia mondiale avanzata, un'Economia Circolare”.

Non credo che sia un'utopia, è una necessità e, comunque, l'uomo ha fatto grandi cose quando ha creduto nelle utopie.

Tutto quello che può portare ad una Società più equa è utile, ben venga, ma nella nostra Società dominata dal neoliberismo, la lotta è impari.

La questione è come trovare dei cambiamenti strutturali per una “Società sicura e equa”.

Fin qui l'economia mondiale, definita “Economia mainstream”, in sintesi neoliberista, si è sostanzialmente retta su due postulati:

– la crescita, dopo un prima periodo di aumento della povertà, è in grado, successivamente, di diminuirla e regalare a tutti prosperità;

– la crescita, dopo un primo periodo, nel quale aumentano i rifiuti e l'inquinamento e si fanno sentire gli effetti negativi dei cambiamenti climatici, è in grado di fornire all'umanità gli strumenti per invertire questa rotta nefasta.

È in atto da decenni un fallimento totale su entrambe le questioni citate e la situazione si sta aggravando sempre di più.

In fatto di diritti universali e di coesione sociale mi rifaccio, nuovamente, al saggio di Kate Raworth “L'Economia della Ciambella” con sottotitolo “Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo”, nel quale l'economista scrive che oggi “La sfida che l'umanità ha di fronte è epocale, la pressione umana sui sistemi naturali è completamente insostenibile e, con i grandi cambiamenti globali che abbiamo indotto nella natura, la nostra stessa civiltà è a rischio”, per cui occorrono scelte coraggiose, che guardano al futuro, la transizione ad una “Società sicura ed equa”.

La Raworth immagina un Modello Economico di Società non più basato sul PIL ma sulle reali esigenze degli umani, raffigurato da una ciambella, costituita da due cerchi, uno interno ed uno esterno.

All'interno del cerchio interno ci sono le condizioni di povertà. All'esterno del cerchio esterno ci sono le condizioni negative create dai cambiamenti climatici indotti dall'uomo con il modello consumistico e della crescita senza limiti. Tra i due cerchi, cioè nella ciambella, ci sono “le condizioni di sicurezza e di equità del nucleo domestico planetario”.

Le sette mosse evidenziate dalla Raworth sono:

  1. cambiare l'obiettivo. Invece di perseguire la crescita infinita del PIL, è ora di scoprire come prosperare in equilibrio;
  2. vedere l'immagine complessiva. L'economia mainstream raffigura tutta l'economia in un solo diagramma, il flusso circolare del reddito. Una nuova raffigurazione stimola nuove narrative, riguardo al potere del mercato, alla partecipazione dello Stato, al ruolo centrale del nucleo familiare e alla crescita dei beni comuni;
  3. coltivare la natura umana. al centro dell'economia dell'era industriale c'è il ritratto dell'uomo economico razionale, egoista, isolato, calcolatore, con dei gusti stabili, che domina la natura, raffigurato da una sagoma che ha sulla testa il simbolo della percentuale, alla estremità degli arti superiori il simbolo del dollaro e al centro del petto la scritta “Io”. L'uomo, come diceva anche Aristotele, è, invece, un “animale sociale”, interdipendente, che ama la vicinanza, fluido nei valori e dipendente dal mondo vivente, vive nella e della biosfera;
  4. acquisire comprensione dei sistemi. La curva statica della domanda e dell'offerta, che ogni studente di economia incontra, con un punto di equilibrio all'incontro tra le due curve, è stata messa in discussione ogni qualvolta si presentano periodi di crisi, come quello ultimo che si è appalesato dal 2008. Un punto di partenza molto più intelligente per comprendere la dinamicità dell'economia è il pensiero sistemico, l'economia è un sistema complesso in continua evoluzione. Un approccio dinamico porta a nuove intuizioni, dai cicli di espansione e contrazione dei mercati finanziari alla natura autorinforzante della disuguaglianza economica e ai punti di non ritorno dei cambiamenti climatici;
  5. progettare per distribuire. Nel XX secolo la cosiddetta curva di Kuznets del PIL come unico riferimento di valutazione del benessere ha diffuso un potente messaggio sulla disuguaglianza: deve andare peggio prima di poter andare meglio e la crescita, alla fine, migliorerà la situazione. Nel XXI secolo occorre, invece, andare oltre e progettare un'economia più distributiva riguardo al valore che genera, un'economia meglio rappresentata da una rete di flussi, nella quale si va oltre alla semplice ridistribuzione del reddito fino alla ridistribuzione della ricchezza, in particolare, la ricchezza che è dovuta al possesso dei terreni, delle imprese, delle tecnologie, delle conoscenze e nel potere di creare denaro;
  6. creare per rigenerare. La teoria economica neoliberista ha per lungo tempo considerato un ambiente “pulito” un bene di lusso, che solo i benestanti possono permettersi: l'inquinamento deve portare a un peggioramento prima che possa portare a un miglioramento, la crescita, alla fine, porta al miglioramento. Il XXI secolo deve portare a un pensiero economico che sprigioni una progettazione rigenerativa, per creare un'”economia circolare”, che porti la “Comunità Umana” a pieno titolo a partecipare ai processi ciclici della vita sulla Terra;
  7. essere agnostici riguardo alla crescita. Questo ribaltamento del punto di vista ci porta ad essere agnostici riguardo alla crescita e a capire come le economie che dipendono finanziariamente, politicamente e socialmente dalla crescita possano esistere con o senza di essa: abbiamo bisogno di economie che ci facciano prosperare, che crescano o meno.

Delle sette mosse individuate dall'economista cito la prima “dal PIL alla Ciambella”, nella quale proponendo di passare dalla “crescita infinita alla prosperità in equilibrio”, individua quali sono i dodici bisogni socialmente ed ecologicamente equi, le condizioni di “Base sociale” all'interno della ciambella, che consentiranno agli umani di sopravvivere e, quindi, i nuovi valori da perseguire:

  1. cibo sufficiente per tutti;
  2. acqua potabile e condizioni igieniche decorose;
  3. accesso all'elettricità e ad attrezzature per cucinare pulite;
  4. accesso all'istruzione e alla sanità;
  5. alloggi decenti;
  6. reddito minimo e un lavoro decoroso;
  7. accesso alle reti di comunicazione e supporto sociale;
  8. equità di genere;
  9. equità sociale;
  10. espressione politica;
  11. pace;
  12. giustizia.

All'esterno del cerchio esterno la Raworth ha individuato i nove punti di “pressione sugli ecosistemi”:

  1. inquinamento chimico;
  2. ciclo dell'azoto e del fosforo;
  3. consumo di acqua dolce;
  4. cambiamento di uso del suolo;
  5. perdita di biodiversità;
  6. carico di aerosol atmosferico;
  7. riduzione dello strato di ozono;
  8. cambiamenti climatici;
  9. acidificazione degli oceani.

In sintesi, la Raworth individua una “base sociale e un tetto ecologico”, come salvezza per l'Umanità, un'”Economia Circolare”: tra la base per il benessere umano e la soglia per le pressioni sugli ecosistemi si trova lo spazio sicuro ed equo per l'Umanità, lo spazio della “ciambella”.

Mi rendo conto che ho citato solo alcuni aspetti della proposta, che mi sembra in grado di generare un cambiamento strutturale nelle politiche di coesione sociale. Merita, sicuramente, degli approfondimenti in ciascuna delle sette mosse suggerite.

Solo un cambiamento del modello economico della nostra società contemporanea porterà a risultati strutturali, ad una visione in grado di dare uguale dignità a tutti come “cittadini del mondo”.

Sto parlando di un'utopia? Certo, ma vale la pena di perseguire un simile progetto.

Forse, anche in tema di lavoro, che è uno dei temi più delicati dell'attualità politica, un simile cambiamento di paradigma economico può aiutare a superare le difficoltà di proposte strutturali per consentire a tutti di avere la dignità piena di cittadini.

In chiusura, una domanda della Raworth: di chi saranno i robot?

Come qualcuno ha scritto “La rivoluzione digitale è molto più significativa dell'invenzione della scrittura o addirittura della stampa”.

Forse questa affermazione è esagerata, ma il significato di questa rivoluzione in tema di lavoro, salari e ricchezza dipende dal modo in cui le tecnologie digitali vengono possedute e usate.

Per ora, le tecnologie digitali, come scrive la Raworth, hanno generato due tendenze opposte:

  1. un'era di collaborazione a costi marginali quasi nulli per i network, come ha già scritto anche Jeremy Rifkin nel suo saggio “La Società a costo marginale zero” con sottotitolo “L'internet delle cose, l'ascesa del commons (Comunità Cooperative dell'inizio della rivoluzione industriale in Inghilterra) collaborativo e l'eclissi del capitalismo”, con una crescita dinamica dei beni comuni gestiti collettivamente. Potrebbe scatenare una rivoluzione nella proprietà distribuita del capitale. Chiunque ha una connessione a internet può intrattenere, informare, imparare e insegnare in tutto il mondo. Il tetto di ogni casa, scuola o attività commerciale può generare energia rinnovabile e, se accede, per esempio attraverso la cosiddetta piattaforma del “blockchain” con la moneta digitale “Ethereum”, può venderne l'eccesso a una microrete. Con una stampante 3D chiunque può scaricare progetti o crearsi i propri e stamparsi su misura gli strumenti o i dispositivi di cui ha bisogno: è l'essenza della progettazione distribuita;
  2. Ma sta succedendo anche che i colossi come Google, You Tube, Apple, Facebook, eBay, Paypal e Amazon stanno creando dei pericolosi monopoli e, di fatto, gestendo i beni comuni sociali globali nel loro esclusivo interesse commerciale, anche dotandosi di batterie di brevetti per salvaguardare i loro privilegi.

La Raworth da qualche risposta:

  1. la progettazione distribuita e, quindi, un'alta professionalizzazione distribuita, possono prevenire la segregazione economica che la tecnologia sembra portare;

b. occorre passare dalla tassazione del lavoro alla tassazione dell'uso delle risorse non rinnovabili;

c. bisogno investire sempre di più nello sviluppo delle competenze delle persone nei campi in cui possono battere i robot: creatività, empatia, intuizione e contatto umano, abilità che sono essenziali per molti impieghi, insegnanti della scuola primaria, direttori artistici, psicoterapeuti, lavoratori in ambito sociale e commentatori politici;

d. un dividendo sui robot, attraverso, come suggerisce l'economista Mariana Mazzucato, royalty sui brevetti in comproprietà tra pubblico e privato, assegnando a banche statali quote significative dei settori che usano tecnologie robotiche basate su ricerche finanziate dallo Stato.

Una bella sfida, dalla quale, però, non si può prescindere se vogliamo riprogettare una “Società equa e sicura”.

Giampiero Vargiu

Laureato in Ingegneria elettrotecnica all'Università di Cagliari nel 1980. Sindaco del Comune di Villagrande Strisaili dal 1995 al 2000. Socio della Societ di Ingegneria TEAM SISTEMI ENERGETICI SRL, che ha sede operativa a Oristano e opera in tutta la Sardegna. Esperto in efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili.