Il sistema attuale delle Autonomie locali della Sardegna si basa sulla legge di riordino del 4 febbraio 2016, n. 2 e il Piano di riordino degli ambiti territoriali della Sardegna.

Tutti e due questi provvedimenti non hanno più ragione di essere.

A partire dalla legge di riordino. che al comma tre dell’articolo 1sancisce che:

I comuni, singoli o associati, e la città metropolitana sono i soggetti deputati allo svolgimento delle funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione. La Regione esercita le sue funzioni tramite gli enti locali.

Le province non sono quindi più soggetti deputati allo svolgimento di funzioni amministrative e rimangono in vita fino alla definitiva soppressione.

Ma perché le province hanno un senso malgrado il risultato del Referendum del 2012 e la decisione di tutti i partiti di sopprimerle?

Perché il Consiglio regionale ha impiegato quattro anni per approvare una legge di riordino delle Autonomie Locali già superata al momento della sua approvazione?

La causa principale risiede in una contraddizione non risolta; da un lato la legge, partendo dal presupposto che le Province saranno definitivamente abolite, le spoglia di funzioni, risorse e personale;dall’altro viene istituita la Provincia Città metropolitana di Cagliari, vengono confermate le province storiche e se ne aggiunge un’altra, quella del Sud Sardegna.

In questo modo non viene risolto un problema che non può essere eluso, quello di chi eserciti le funzioni di area vasta, in particolare le funzioni di sviluppo economico e sociale e di pianificazione strategica.

La Legge di Riforma ha cercato di superare questo problema creando vari livelli di governo intermedi: rete Metropolitana, città media, rete urbana, ambiti ottimali, ambiti territoriali strategici.

Si comprende che quest’ultimo ambito territoriale doveva rispondere a questa esigenza leggendo la definizione di “ambito territoriale strategico contenuta nella legge di riforma: “f) per “ambiti territoriali strategici” , si intende gli ambiti di esercizio delle funzioni di area vasta nei quali la Regione, a seguito della definitiva soppressione delle province, esercita direttamente o per il tramite di propri enti o agenzie, o con delega agli enti locali, le funzioni in materia di sviluppo economico e sociale e di pianificazione strategica”.

Questa definizione è rimasta lettera morta in quanto avrebbe significato, se applicata, che la Regione avrebbe assunto sempre di più funzioni non solo di legislazione programmazione e controllo, ma anche funzioni di gestione di area vasta..

La situazione di incertezza non riguarda la Provincia Città Metropolitana di Cagliari che, istituita con l'art. 17 della legge Regionale 4 febbraio 2016, n. 2, e subentrata dal 1° gennaio 2017 alla Provincia di Cagliari, mantiene, anzi allarga, le funzioni che esercitava come vecchia provincia: piano strategico triennale; pianificazione territoriale generale (comprese reti e infrastrutture); servizi coordinati di gestione dei servizi pubblici; sviluppo economico e sociale.

Le altre province non hanno più queste funzioni; con quali conseguenze?

La principale è che i territori non accettano l’accentramento di poteri e risorse nella Regione e nella Città metropolitana e si muovono di conseguenza, col rischio di confusioni e conflitti territoriali.

La Provincia di Sassari ha creato la Rete metropolitana del Nord Sardegna secondo le previsioni della legge n. 2: si intende “per “rete metropolitana” l'unione di comuni costituita da almeno due città medie contermini, la popolazione delle quali sia superiore a 150.000 abitanti e nel cui territorio siano presenti sistemi di trasporto, quali porti e aeroporti, di interesse nazionale; alla rete metropolitana possono aderire uno o più comuni contermini tra loro o con le città medie”.

Come altri penso che la Rete metropolitana del Nord Sardegna non abbia un senso logico, che sia stata creato per controbilanciare il potere della Città Metropolitana di Cagliari e per attingere alle risorse della Programmazione territoriale, come si accinge a fare.

Presenta inoltre alcuni rischi: è un Ente locale come le Unioni e quindi ha funzioni conferite di cui non è titolare per legge; abbandona al proprio destino le aree interne della Provincia di Sassari; avalla ancora il processori distacco della Gallura che si muove compattamente per diventare Provincia.

Come questa complicata e tortuosa legge possa essere stata approvata dal Consiglio regionale della Sardegna è per me incredibile.

La legge non solo rinnega la storia autonomistica della Sardegna, non solo è subalterna alla confusione istituzionale nazionale, non solo è frutto di particolarismi territoriali regionale, ma scontenta profondamente i territori come ampiamente dimostrano le popolazioni della Gallura e del Sud Sardegna.

Stesso giudizio negativo va dato al Piano di riordino degli ambiti territoriali della Sardegna a norma dell’articolo 4 della Legge n. 2/2016.

Il piano si articola in 16 ambiti territoriali ottimali e ogni ambito corrisponde alla delimitazione territoriale di una o più unioni di comuni o comunità montane.

A questi ambiti territoriali dovrebbero adeguarsi (non viene detto perché, come e quando) le vigenti aggregazioni dei comuni come i sistemi locali del lavoro, i sistemi bibliotecari, le reti culturali, i SUAP, i Gal, le reti di smaltimento e di raccolta dei rifiuti ed eventuali altre aggregazioni.

A quanto mi risulta nessuna di queste previsioni è stata realizzata.

Per le reti urbane è presto detto; non è stata costituita nessuna rete urbana e quindi Olbia, Nuoro ed Oristano si reggono da sole.

Per quanto riguarda le reti metropolitane è stata costituita la rete metropolitana di Sassari che comprende Sassari, Alghero, Portotorres, Sorso,Sennori, Castelsardo, Stintino, Valledoria.

L’unico provvedimento di un qualche significato del Piano di riordino, quindi, è la costituzione della Rete metropolitana di Sassari che non è Città metropolitana, non è Provincia e la cui la sola ragione d’essere, come detto più sopra, è di poter attingere alle risorse regionali.

Le conseguenze negative del fallimento della legge di riordino si riscontrano anche nella Programmazione territoriale dove le vecchie province di fatto si stanno ricostituendo creando nuove diseguaglianze territoriali.

La città metropolitana di Cagliari usufruisce di poteri e risorse certe, la rete metropolitana di Sassari cerca di tenere il passo, la Gallura sta dando prova di unità e combattività e ha proceduto ad affrontare la Programmazione territoriale con unificazione di più Unioni di Comuni.

La Provincia di Nuoro riafferma il proprio ruolo guida nel territorio sotto la rivendicazione delle zone interne ed è stata in grado con il Piano di rilancio del Nuorese di interpretare le rivendicazioni dell’intero territorio della Provincia.

Le Province più deboli risultano quelle di Oristano e del Medio Campidano. A parte il Sulcis ,interamente impegnato nell’attuazione del Piano Sulcis, i territori della due province sono interamente dipendenti dalla Regione che decide tempi, modi, risorse della Programmazione territoriale.

Quello che ho descritto è un processo complicato e tortuoso che risolverà i problemi attraverso accordi fra la Regione e i territori più forti fino a che non sarà risolto il problema della definizione dell’Ente intermedio fra Regioni e Comuni.

Sono convinto che saranno le Province ad assumere questo ruolo e che il modo migliore passi attraverso la piena affermazione dell’unico Ordinamento autonomistico della Sardegna, ritornando all’impostazione originaria dei Consultori sardi per i quali il sistema degli Enti locali doveva basarsi su Regione, Distretti, Comuni.

Antonio Ladu

Laureato alla Bocconi di Milano in Lingua e Letterature straniere, è stato assistente di Italiano al Liceo Jeanson de Sailly a Parigi. Sindacalista nella Camera del Lavoro di Oristano e nella Segreteria regionale della Cgil. È stato inoltre presidente del Consorzio Industriale e del Sil-Patto territoriale di Oristano.