Mancano tre mesi alle elezioni regionali, un appuntamento importantissimo per la Sardegna a circa sei mesi dalla nascita di un nuovo governo nazionale, che nel bene o nel male ha stravolto la politica italiana ed è destinato ad incidere anche sulla periferica politica isolana.

Eppure tutto tace o quasi. Certo, si è parlato di possibili candidati e alleanze, qualcuno ha organizzato elezioni primarie per la selezione dei candidati governatori, tale da farci dire che la politica sarda esiste, mentre latitano completamente le proposte e le politiche.

Personalmente ho provato a evidenziare la necessità di discutere sulle politiche da concepire e implementare in Sardegna e nell’oristanese, dapprima con un post di maggio, probabilmente prematuro, dal titolo Oristanesi a Cagliari. Quali i temi per le prossime elezioni regionali?

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Devo dire che il silenzio cui assistiamo da parte di tutte o quasi le forze politiche presenti sul territorio isolano, sia un chiaro indicatore dello stato di salute delle classi dirigenti che ci guidano. Soprattutto di quelle che si candidano ad avere i maggiori consensi alle prossime elezioni.

Si tratta, mi permetto di osservare, di classi dirigenti prive di carica propulsiva in termini di proposte concrete, concentrate invece tutte su se stesse, sul messaggio accattivante (o forse sarebbe meglio dire efficace) che li metta in luce e che permetta contestualmente di colpire in maniera feroce gli avversari. Avversari che, per i politici, non sono necessariamente quelli che militano in altre compagini, ma piuttosto quelli che contendono loro i voti e le preferenze.

In un contesto così destrutturato e melmoso, privo di programmi e differenze di vedute, discutere di politiche e di soluzioni concrete non risulta né utile né efficace, perché qualsiasi decisione politica è di per sé complessa e compromettente, visto che la modifica dello status quo ha quasi sempre effetti negativi per una parte di elettori.Conviene invece essere presenti sui social, parlare in termini generali, possibilmente di temi che non riguardano l’ente per cui ci si candida, raccogliere like e condivisioni, evitare i confronti e prediligere i monologhi da massimo 140 caratteri.

Così, al momento di formalizzare le candidature, tutti potranno lamentarsi che la politica sarda si occupa di nomi e non di programmi, di candidature e non di politiche, di gruppi di interesse e non di persone. Ma la colpa sarà sempre di altri.

E invece la colpa è di tutti, me compreso, visto che in questo post ho parlato di politica e non di politiche.

Cosa serve invece alla Sardegna, cosa c’è da salvare dei cinque anni di governo Pigliaru? Cosa da buttare, cosa da cambiare? C’è qualcuno, tra i notabili che si candideranno, che ha voglia di affrontare questi temi? Personalmente sono pronto ad ascoltarlo, da qualsiasi partito provenga.

Riccardo Scintu

Ha conseguito nel 2010 il Dottorato di Ricerca in Scienza Politica presso l’Università di Bologna, sede di Forlì. Laureato nel 2006 all’Università di Bologna in Scienze dell’Organizzazione e del Governo. Opera in numerosi enti locali della Sardegna come componente esterno di organismi di valutazione delle performance e come consulente sulle tematiche dell’organizzazione e della gestione delle risorse umane.