In un Post recente affermavo che il sostegno al reddito era da sostenere e potenziare, ma che rimaneva da affrontare il tema dello sviluppo del Mezzogiorno.

Sostenevo che il sostegno al reddito era un atto di giustizia sociale e di redistribuzione della ricchezza, ma che, se ci si limitava a questo, o addirittura, diventava il mezzo per persistere nelle politiche economiche attuali, il Sud era condannato al sottosviluppo.

Purtroppo il Contratto Lega 5 Stelle dice che il Meridione è condannato al sottosviluppo.

Per capirlo è sufficiente leggere il capitolo 25 dedicato al Sud:

“Con riferimento alle Regioni del Sud si è deciso, contrariamente al passato, di no individuare specifiche misure con il marchio “Mezzogiorno” nella consapevolezza che tutte le scelte politiche previste dal previste dal presente contratto (con particolare riferimento a sostegno al reddito, pensioni, investimenti, ambiente e tutela dei livelli occupazionali) sono orientate dalla convinzione verso uno sviluppo economico omogeneo per il paese, pur tenendo conto delle differenti esigenze territoriali con l’obiettivo di colmare il gap tra Nord e Sud.”

Per il Sud non si dice altro e lo si dice solo a seguito delle rimostranze sulla bozza “quasi definitiva” del contratto, dove non compariva nemmeno nell'indice degli argomenti. Questa aggiunta all’ultimo momento ha reso evidente come nei sei giorni di discussione l'argomento Mezzogiorno non sia stato nemmeno toccato.

Il sostegno al reddito è inteso infatti come sostituti vo di politiche specifiche per il Sud. Ma Pensare che le politiche generali siano sufficienti significa che il divario fra il Nord e il Sud del paese si amplierà ulteriormente.

La conferma di quanto affermato la troviamo nel capitolo 20 dove si affronta, tra l’altro, il tema del regionalismo.

Cito testualmente alcuni passaggi perché sono più chiari e non si prestano ad alcun equivoco:

“Sotto il profilo del regionalismo, l’impegno sarà quello di porre come questione prioritaria nell’agenda di Governo l’attribuzione, per tutte le Regioni che motivamente lo richiedano, di maggiore autonomia in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, portando anche a rapida conclusione le trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte. Il riconoscimento delle ulteriori competenze dovrà essere accompagnato dal trasferimento delle risorse necessarie per un autonomo esercizio delle stesse.”

La questione prioritaria del Governo giallo verde, formalizzata nel contratto, non è, quindi, il superamento del divario fra le regioni del Nord e del Mezzogiorno, ma rispondere alle questioni aperte dalle regioni del Nord, in primo luogo il federalismo fiscale.

Nel Post intitolato Emilia Romagna, Lombardia e Veneto esultano per l’l’Autonomia differenziata

ho dato notizia che il 28 febbraio 2018 la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna e il Governo hanno firmato l’accordo preliminare per quella che viene definita l’autonomia differenziata; significa che le tre regioni hanno chiesto di esercitare tutte o in parte le competenze aggiuntive previste dall’articolo 116 della Costituzione.

Poiché l’accordo deve essere approvato dal Parlamento la questione prioritaria è garantire questo passaggio legislativo “portando anche a rapida conclusione le trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte.”

Va ricordato che, dopo la firma i tre governatori hanno esultato definendola “giornata storica” e giudicando positivi in primo luogo l’abbandono della spesa storica per i fabbisogni standard, e la compartecipazione su più aliquote e tributi.

Le regioni e Queste dichiarazioni confermano che le regioni del Nord (Lombardia e Veneto soprattutto) perseguono l’obiettivo delle diminuzione del residuo fiscale attraverso la richiesta di nuove competenze e il federalismo fiscale.

Vi è la convinzione che finanziare il Sud non significa favorirne lo sviluppo e migliorarne la qualità dei servizi, ma incoraggiare lo spreco di risorse rispetto alle reali necessità. Le risorse vanno quindi trattenute al Nord, per sanare l’ingiustizia fiscale, resa evidente dagli elevati valori dei residui fiscali delle regioni settentrionali.

Questa impostazione significa, quindi, da un lato il rischio di un ancora più pesante ridimensionamento delle politiche tendenti ad offrire a tutti i cittadini lo stesso livello dei servizi fondamentali e dall’altro l’abbandono delle politiche di solidarietà e coesione sociale che hanno l’obiettivo di colmare il divario delle condizioni economiche delle regioni in ritardo di sviluppo rispetto a quelle più sviluppate del Centro Nord.

Antonio Ladu

Laureato alla Bocconi di Milano in Lingua e Letterature straniere, è stato assistente di Italiano al Liceo Jeanson de Sailly a Parigi. Sindacalista nella Camera del Lavoro di Oristano e nella Segreteria regionale della Cgil. È stato inoltre presidente del Consorzio Industriale e del Sil-Patto territoriale di Oristano.