Di fronte a una situazione complicata e disperante siamo destinati a soccombere di fronte all'arroganza, agli insulti, a chi, nella migliore delle ipotesi, ci urla nelle pagine di Facebook “ma quando sparisci?” e, ancora, “Continuate a pontificare?” il nostro destino è l'assenza di dialogo, l'incapacità di approfondire le questioni e, di conseguenza, fare, liberamente, ciascuno la propria scelta?

Consapevole della complessità della situazione attuale, sia a livello locale che globale, provo, con molta umiltà e in punta di piedi, a evidenziare alcuni aspetti salienti della situazione attuale, con l'obiettivo di formulare alcune proposte all'attenzione di chi volesse essere interessato a discuterne. Lo faccio riprendendo alcuni aspetti di cui ho già scritto, implementandoli.

Eccoli:

– i Media di tutto il mondo danno molta importanza alla crisi della globalizzazione, alla sempre più possibile crisi definitiva della Sinistra, alla crescita dei Sistemi autoritari e alla crisi planetaria della Democrazia Rappresentativa, in particolare, dopo l'irruzione di Trump sulla scena mondiale;

– il Neoliberismo sembra sempre di più dominante in tutti gli aspetti della nostra vita e ci si è convinti che la sfida va condotta assumendo come postulati imprescindibili i due cardini del capitalismo, che la storia recente ha dimostrato essere falsi e, cioè, che la crescita, dopo un prima periodo di aumento della povertà, è in grado, successivamente, di diminuirla e regalare a tutti prosperità e abbattimento delle disuguaglianze e, dopo un primo periodo, nel quale aumentano i rifiuti e l'inquinamento e si fanno sentire gli effetti negativi dei cambiamenti climatici, è in grado di fornire all'umanità gli strumenti per invertire questa rotta nefasta. È, invece, in atto da decenni un fallimento totale su entrambe le questioni citate e la situazione si sta aggravando sempre di più. Crescono in maniera esponenziale le disuguaglianze e il pianeta Terra è sempre più inquinato e la crisi ambientale sta accrescendo sempre di più gli effetti catastrofici del clima;

– Anche l'ultima COP 24 (Conference Of the Parties) di Katowice, nella Polonia in cui è forte la puzza di carbone del distretto minerario di Katowice e che continua a battersi per difendere questa fonte dannosissima per il clima, da cui è fortemente dipendente, è stata deludente e senza impegni fortemente vincolanti sulla riduzione a 1,5 °C dell'aumento della temperatura globale entro la fine del secolo rispetto ai livelli preindustriali e gli Stati Uniti si sono tenuti fuori dai negoziati insieme all'Australia e al Brasile. Gli impegni importanti sono stati rinviati alla COP 26, per la quale si è candidata anche l'Italia;

– oggi ha ancora un grande peso l'Ordoliberalismo tedesco della Scuola di Friburgo, sviluppato a cavallo tra gli anni trenta e gli anni cinquanta dagli economisti e dagli accademici dell'Università di Friburgo, in particolare da Walter Eucken, ma fatta propria anche da socialdemocratici come Gerhard Schröder e dalla “Terza via” del New – Labour di Tony Blair e basato, a differenza del Neoliberismo che predilige la politica del “laissez faire” in economia, sull'idea che lo Stato deve intervenire sui fatti economici e deve creare e mantenere un ambiente economico favorevole per l'economia mantenendo un sano livello di competizione tra le imprese private attraverso misure che siano aderenti ai principi del libero mercato, in modo da garantire il principio dell'uguaglianza di fronte alla legge, ma mantenendo sempre centrale il ruolo preminente del mercato come unico regolatore del'economia, attraverso una politica monetarista e di stretto rispetto degli equilibri di bilancio. Questo ha imposto in Europa l'attuale situazione, che, di fatto, non ha portato, soprattutto in Italia, alla crescita sperata e ha portato all'avanzata dei populisti, dei sovranisti e dei nazionalisti, con il rischio che siano interrotti i settant'anni di pace e prosperità che hanno caratterizzato l'orizzonte del “Sogno Europeo”, di un'Europa politica, sociale e dei diritti;

– a detta di molti, sembra che non esista più la differenza tra la Destra e la Sinistra, almeno come sono state concepite nei due secoli passati e, soprattutto, sembra che non esista una possibile risposta di Sinistra a questa crisi. La Sinistra mondiale, dopo i primi successi di politica keynesiana, ha preferito sfidare il neoliberismo e combattere nel “campo neoliberalista”. Ha fatto così in tutta Europa, sia prima che dopo la caduta del muro di Berlino. Lo steso Roosevelt ha tradito il suo New Deal che, dopo aver contribuito dal 1933 al 1937 a risollevare le sorti dell'economia americana e a risolvere il gravissimo disagio sociale, fu abbandonato nel 1937, con la convinzione che gli Stati Uniti d'America fossero usciti definitivamente dalla crisi e che si potesse sfidare il capitalismo sul proprio terreno, cedendo ad alcuni principi del liberismo, salvo vedere riprecipitare il proprio paese in un'altra crisi, almeno fino all'entrata nella seconda guerra mondiale. La Sinistra ha ceduto alle sirene del neoliberismo con Clinton negli USA, come già scritto con Blair in Inghilterra e con Schröder in Germania, con Hollande in Francia e con Prodi, Letta, Renzi e Gentiloni in Italia. Ha fatto così anche Obama, lo stesso che nel 2008, primo Presidente nero, alle primarie, con sapienza letteraria, raccontava la storia, emozionante e evocativa di grandi speranze, del riscatto degli schiavi, con il famoso discorso “lo sussurravano gli schiavi e gli abolizionisti mentre tracciavano il sentiero verso la libertà in una delle loro notti più buie: si, possiamo”. Lo stesso Obama dell'affascinante e affabulante discorso di grande apertura al mondo arabo fatto al Cairo.

come già scritto in un altro pezzo, la recentissima rivoluzione nella comunicazione, alimentata, in particolare, daInternet, ha introdotto, soprattutto dal punto di vista quantitativo, novità assolute nel flusso circolare tra fonte delle informazioni e opinioni individuali, per cui oggi esiste e si forma l'”opinione pubblica”, in questo nostro “secolo diverso”, come rapporti tra individuo e gruppo, che un giorno si rinsaldano e il giorno dopo accarezzano l'ideale di divorzio, in una sorte di odio – amore, tra la ricerca della sicurezza dell'appartenenza e l'attrazione magnetica dell'autoformazione. I Media creano nuovi tipi di azione e interazione e nuove forme di relazioni sociali, non più del tipo “faccia a faccia”. In passato le persone si lasciavano avvolgere da una prossimità fisica, che consentiva ripetuti incontri faccia a faccia, oggi i gruppi dell'era informatica si formano e si coagulano attorno a quei vettori di informazioni che, per una ragione o per un'altra, si pensa che siano credibili e affidabili. La frequenza con cui le persone appaiono sullo schermo e, ancor di più, il numero di likes e di condivisioni che vantano e aggiungono ai propri messaggi offrono tutto il supporto che occorre per mostrare che sono una scelta dotata di valenza pubblica e, quindi, per deduzione, rispettabile. Somiglia a un esercizio d'indipendenza e, per giunta, da la sensazione di aver compiuto un prode gesto di autoaffermazione, con l'ulteriore valore aggiunto di garantire in anticipo il riconoscimento e l'approvazione del gruppo. Sono comportamenti tipici dell'”Atto di emulazione”, caratteristica dell'”uomo sociale”. Ma questa caratteristica della condotta emulativa può influire direttamente sull'aumento della quantità e dell'intensità della violenza, con un evidente ritorno del primitivo e violento “mondo di Hobbes”, dell'”Homo homini lupus”;

Nel contesto prima descritto nasce, come scritto nel saggio di Zygmunt Bauman “Retrotopia”, di cui ho già scritto, la Società della Retrotopia, fatta di rabbia, di frustrazione, che si lascia convincere della bontà di una “cultura dominante di destra e neoliberista” e che, disillusa, si rivolge, con nostalgia, al passato, per paura del futuro, per paura del diverso, il rifugio nell'egoismo più sfrenato, nel narcisimo della “Società del consumo”. Il neoliberismo ha contribuito e continua a contribuire nella esaltazione di questa paura e la politica sembra non più in grado di esercitare la funzione di potere che è indispensabile per affermare i principi della Democrazia. Da qui la crisi delle Democrazie, in particolare, quelle occidentali. L'incapacità di far prevalere i valori della socialità, della giustizia, dell'uguaglianza e della pace tra i popoli. La difficoltà nella costruzione degli Stati Uniti d'Europa, il sogno di sviluppare sempre di più la capacità di relazione tra popoli che hanno storie diverse ma molte affinità culturali, l'esigenza di un “Governo mondiale della Biosfera”;

– come ho trovato scritto nel sito di Insider Business Italia, riporto due notizie, che ritengo importanti. La prima è data da quanto scritto dallo Wall Street Journal in vista della visita della delegazione Usa in Cina alla ricerca di una soluzione alla guerra commerciale e alla luce del taglio delle stime di profitto di Apple sul mercato del Dragone, capace da solo di mandare fuori giri gli indici borsistici di tutto il mondo, a seguito di una propria inchiesta a largo spettro, la cui conclusione è la seguente: “la Cina si sta americanizzando. Anzi, rispetto a certe dinamiche macro fondamentali, è già il clone fiscale degli Usa”. La seconda è “entro breve tempo l’inglese potrebbe non essere più considerato come lingua universale ma come un idioma come gli altri, il cui uso e conoscenza siano limitati solo ai Paesi di cui è lingua madre (e nemmeno tutti: si stima, per esempio, che in Cina ci siano più persone in grado di parlare correttamente inglese di quante ce ne siano negli Stati Uniti, dove un quinto degli abitanti parla una lingua altra, in particolare lo spagnolo). A spedire in soffitta l’inglese potrebbero essere essenzialmente due ragioni. La prima è la crescita della predominanza del cinese nel mondo degli affari e della finanza, cosa che in un futuro prossimo potrebbe portare i manager e le aziende cinesi a non avvertire più la necessità di adattarsi a una lingua universale, per di più chiara espressione dell’occidente e del suo predominio sul mondo nel XX secolo. La seconda ragione di “pensionamento” dell’inglese potrebbe essere (e forse sarà) la diffusione sempre più capillare e efficiente di dispositivi per la traduzione che, di fatto, consentono e consentiranno sempre più a chiunque di esprimersi nella sua lingua madre, delegando a cellulari e computer l’onere di fare da interprete”;

– in Italia e in Sardegna, mi limito a scrivere, la confusione è tanta.

Non credo che il nostro destino sia così atroce e privo di una prospettiva di miglioramento, anche se nella storia umana, anche più recente, è capitato che i periodi in cui è prevalso il male siano stati più numerosi. Per provare, nel nostro piccolo mondo, a fare la nostra piccola parte e iniziare a uscire da questa situazione, avanzo queste proposte:

– facciamo nostra la risposta più convincente a questa domanda fondamentale, di vita o di morte, per l'Umanità, presente nel discorso pronunciato da Papa Francesco in occasione del premio europeo Carlo Magno conferitogli il 6 maggio 2016. Quella risposta si basa sulla “Capacità di dialogo“: “Siamo invitati a promuovere una cultura del dialogo, cercando con ogni mezzo di aprire istanze affinchè questo sia possibile e ci permetta di ricostruire il tessuto sociale ……… . È urgente per noi oggi coinvolgere tutti gli attori sociali nel promuovere una cultura che privilegi il dialogo come forma d'incontro, portando avanti la ricerca di consenso e di accordi, senza però separarla dalla preoccupazione per una Società giusta, capace di memoria e senza esclusioni”;

– contribuiamo a creare un Movimento per superare questa situazione di paura e incertezza collettiva, per fare nostro il motto “guardare avanti per cambiare”, avere uno sguardo più lungo, progettare una “Società aperta e accogliente”, capace di includere anche gli ultimi, pensare a un modello di Società che non può più ricondurre tutto all'unico indicatore del PIL, come parametro per giudicare il benessere collettivo. A questo riguardo, facciamo in modo che, realmente, in tutte le scelte di sviluppo e di elaborazione dei bilanci delle Istituzioni, siano utilizzati i 12 indicatori BES (Benessere Equo e Sostenibile), che il Governo Gentiloni ha presentato nella Strategia Nazionale di attuazione della Legge 163/2016 nel luglio 2017 e, in base ai quali, la sostenibilità non va più coniugata solo in ottica ambientale, ma riguarda tutto l’agire politico, tutta la pianificazione strategica, dal lavoro alla giustizia, all’urbanistica, ai diritti civili. In base a tale Strategia, il 16 ottobre 2017, Il Ministro dell'Economia e delle Finanze Padoan ha emanato il Decreto “Individuazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES)”, di cui ho scritto nel pezzo “Il sogno europeo di una Società Equa e Sostenibile. L'Italia“;

– decidiamo di impegnarci per promuovere la categoria della partecipazione, che è sociale e culturale prima che economica, perchè non sia lasciata allo spontaneismo, per progettarla, normarla, in modo da renderla reale ed efficace. A questo riguardo insisto con la mia proposta che la Regione debba definire apposite Linee Guida sulle metodologie, le tecniche, gli indicatori di risultato condivisi e ritenuti congrui della reale partecipazione e le pratiche di informazione e partecipazione e deve incentivare forme di collaborazione interistituzionale per fornire l'adeguato supporto conoscitivo e documentale. Insomma, ritengo che la partecipazione deve poter essere misurata per renderla reale ed efficace;

– attiviamoci perchè le nostre Comunità diventino più “competenti” e razionali e, nel nostro piccolo, contribuiamo a innescare un periodo di riscatto, un nuovo “umanesimo” di riedificazione esistenziale e politica dell'uomo e di rifondazione della politica alla luce del sapere, anche nel solco, in parte, di quanto teorizzato da alcuni filosofi classici.

 

Giampiero Vargiu

Laureato in Ingegneria elettrotecnica all'Università di Cagliari nel 1980. Sindaco del Comune di Villagrande Strisaili dal 1995 al 2000. Socio della Societ di Ingegneria TEAM SISTEMI ENERGETICISRL, che ha sede operativa a Oristano e opera in tutta la Sardegna. Esperto in efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili.